Sempre meno risorse. Per risparmiare si rinuncia agli stipendi. A Blello le mogli dei consiglieri puliscono le stanze del municipio. C'è il sindaco giardiniere, il sindaco stradino e il sindaco spalatore. Ma c'è anche il sindaco che, per risparmiare sui conti del proprio Comune, fa pulire pavimento e vetri del municipio alla moglie. Non è che l'arte d'arrangiarsi improvvisamente sia sbarcata da Napoli a ; è che la crisi è crisi, per tutti. E se le casse piangono, da qualche parte bisogna pure risparmiare perché, alla fine 'anno, il bilancio deve essere in pareggio. Così i piccoli Comuni bergamaschi, quelli che in una grande città sarebbero solo un anonimo palazzone, tirano la cinghia. E i modi per mettere da parte qualche soldo nel salvadanaio bene o male si assomigliano.

Partiamo da , 90 anime, secondo Comune più piccolo della Bergamasca dopo Piazzolo (88), geograficamente tra Valle e Valle Imagna. Qui il municipio, da quando venne costruito negli Anni '80, è senza riscaldamento. E lo sarà ancora per molto. «Il martedì e il venerdì l'unico impiegato che abbiamo – dice il sindaco – per scaldarsi accende il calorifero elettrico. Avevamo chiesto un contributo alla Regione per realizzare un impianto fotovoltaico che ci avrebbe consentito di scaldare i locali e non avere ulteriori spese. Ma non ce l'hanno concesso. E realizzare, coi nostri soldi, un , tradizionale o a energia solare, è improponibile». «I soldi dallo Stato sono sempre meno – continua il sindaco che, insieme ai consiglieri rinuncia all'indennità – e non abbiamo neppure i fondi per la manutenzione ordinaria. Così alcuni lavori in paese li fa il Consiglio comunale: c'è un assessore apposta che cura il cimitero e, tutti i consiglieri, in estate, puliscono strade e mulattiere. Il giardino del municipio lo taglio io, mentre agli uffici ci pensano mia moglie e quelle dei consiglieri». Soldi insufficienti per la manutenzione ordinaria e per scaldare il municipio: figuriamoci per programmare le opere pubbliche. E, a Blello, per opere pubbliche, ormai da decenni, si intende una che dal paese arrivi finalmente alla chiesa e al cimitero. «Il tracciato è concluso – dice ancora il sindaco – ma per renderla transitabile bisogna allargarla, realizzare i muri di sostegno e la regimazione delle acque: servono 150 mila euro». E chissà, di questi tempi, quando si potranno avere.

Passiamo a Brumano, minicentro in cima alla Valle Imagna, 97 anime: qui il dipendente comunale è «mezzo», ovvero è condiviso col vicino Comune di Rota Imagna. Comune che, di fatto, fa da secondo municipio per i brumanesi. «Visto che il nostro Comune è aperto solo tre ore il venerdì pomeriggio – dice il sindaco Giovanni Manzoni – il resto della settimana, i cittadini possono ritirare i certificati a Rota, dove c'è la stessa impiegata». E anche a Brumano, per risparmiare ci si affida al volontariato: «Insieme alla Polisportiva – continua il sindaco – i consiglieri e il sottoscritto puliscono tombini, erbacce e mulattiere. Almeno la manutenzione ordinaria non ci costa». Ma l'accorpamento con Rota Imagna non sarebbe più vantaggioso? «Il risparmio, a mio parere, sarebbe minimo – dice ancora il sindaco – e perdipiù la fusione sarebbe controproducente per Brumano, che verrebbe “declassata” a frazione e quindi con minori attenzioni, anche in termini di investimenti, rispetto al capoluogo di Rota Imagna».

Passiamo in alta Valle Brembana dove diversi Comuni, per cercare di fare cassa, hanno guardato all'acqua: e sui rami del Brembo, da a Valtorta, da Moio de' Calvi a Roncobello, a Valleve, sono sorte piccole centrali idroelettriche. Con le società di gestione che, in genere, vendono l'energia prodotta alla Rete nazionale e versano un canone al Comune.

«I trasferimenti statali sono diminuiti nell'ordine del 40% – dice Gino Quarteroni, sindaco di Ornica (circa 200 abitanti) – mentre i costi sono aumentati. Dobbiamo fare economia sulla cancelleria del municipio e farci aiutare dal volontariato. E fortunatamente abbiamo le entrate della centralina idroelettrica. La difficoltà sta proprio nel far funzionare la macchina comunale: pagare il riscaldamento e il dipendente. Se poi non abbiamo finanziamenti non si fanno opere pubbliche, ma l'ordinario bisogna tenerlo in piedi».

«A risparmiare e alle difficoltà ormai siamo allenati – dice Raimondo Balicco, sindaco di Mezzoldo, (200 abitanti) –. Negli anni abbiamo ridotto il numero del personale, ma non è stato sufficiente, così anche sindaco e consiglieri danno uno mano all'operaio comunale. E poi lo Stato ci obbliga a fare il Piano di governo del territorio: così i pochi soldi che abbiamo finiscono lì».

«L'unico modo per sopravvivere – prosegue Balicco – è unire più servizi possibile, come stiamo facendo. Un esempio: la carta d'identità elettronica. Perché, come ci impone la prefettura, ogni Comune deve spendere circa 30 mila euro per la macchina che le rilascia. In alta Valle Brembana ne basterebbe una o due per tutti e venti i Comuni. Spenderemmo di meno ad accompagnare gli anziani a fare la carta a Piazza Brembana che a comprarne una solo per pochissimi residenti». Infine l'appello ai politici. «Siamo stanchi di sentirci dire che la montagna va aiutata – conclude Balicco – e poi non arriva nessun contributo. Forse qualcuno non ha ancora compreso che la montagna va curata altrimenti franerà tutto, addosso anche alla pianura».

Poi ci sono i Comuni la cui sopravvivenza dipende dalle seconde , fondamentalmente dannose – quando sono troppe – per lo sviluppo turistico (perché restano chiuse per la maggior parte dell'anno), ma necessarie per avere un po' di soldi in cassa. «Con l'Ici raccogliamo circa centomila euro all'anno – dice Laura Bianchi, sindaco di Cornalba (250 abitanti) – sicuramente la nostra risorsa principale. Ma negli ultimi anni abbiamo ridotto anche il personale: fino al 2004 avevamo il vigile, ora l'abbiamo insieme a Serina». E il leitmotiv non cambia neppure per i «piccoli» dell'alta . «Dal 1958 consiglieri e Giunta rinunciano all'indennità – dice Gianmaria Tomasoni, sindaco di Oltressenda Alta (190 abitanti) –. Il risparmio e il disavanzo di amministrazione arrivano soprattutto da questa voce ma, da sempre, per stare nei conti, si fanno i salti mortali. E di investimenti ormai non se ne fanno, perché dipendono tutti da contributi esterni. Tanto che l'ultima opera pubblica conclusa risale al 2007, quando abbiamo sistemato le strade».

Giovanni Ghisalberti – L'Eco di Bergamo