simone-moroIl ha vinto l'oscar della per le sue imprese e per il suo stile. A febbraio ha conquistato il Makalu, uno dei sei ottomila inviolati in inverno. Le sue non sono mai state imprese da poco. Ma questa volta è riuscito a stupire tutti, compreso se stesso, vincendo l'Eiger award, l'oscar della montagna. Il premio è intitolato alla montagna assassina (cosi' è stato ribattezzato l'Eiger a causa dei molti scalatori morti nel tentativo di salire dalla parete Nord), dagli anni Trenta negli incubi e nei sogni degli alpinisti. È stato istituito soltanto lo scorso anno dall'omonima associazione con sede a Grindewald in Svizzera, ma è già un riconoscimento prestigioso.

Ieri l'alpinista bergamasco Moro è stato premiato dall'ascensionista britannico Chris Bonington. Ha battuto gli altri tre concorrenti: il compagno di spedizioni kazako Denis Urubko, il tedesco Kurt Albert e lo svizzero Daniel. Anker. Quest'ultimo era tra i candidati più quotati per il premio perchè è il detentore del maggior numero di prime sulla parete Nord dell'Eiger. Ma è stato l'alpinista orobico ad avere la meglio nonostante non se l'aspettasse e già la stessa nomination al premio lo avesse lasciato sorpreso.

L'Eiger award non premia semplicemente una grande impresa ma la carriera di un alpinista, la sua filosofia nel conquistare le vette. E quella di Moro è conosciuta ed apprezzata da molti. Non solo per le salite in puro stile alpino (come l'ultima il 9 febbraio 2009, in compagnia di Urubko, sul Makalu, uno dei sei ottomila allora ancora inviolati in inverno), ma anche per l'atto di altruismo per il quale ha ricevuto la medaglia d'oro al valore civile dall'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2001.

Il 22 maggio del 2000, infatti, sul Lhotse-Everest (in Nepal), Moro interruppe la scalata, a rischio della sua stessa vita, per salvare un alpinista inglese, Tom Moores, che si era infortunato.

«Con grande coraggio – si legge nella motivazione per l'assegnazione del riconoscimento – rinunciando al compimento di un'ardua impresa alpinistica, interveniva in soccorso di un giovane rocciatore inglese precipitato lungo la parete di un monte, a circa 8000 metri di altitudine e con elevatissimo rischio di . Dopo notevoli difficoltà, con il buio e il freddo, raggiungeva il ferito, il quale giaceva immobile ed in stato di shock, con il viso insanguinato e quasi assiderato. Quindi lo legava a sè e tirandolo di forza, con estenuante e lunghissima fatica, riusciva a portarlo in salvo. Nobile esempio di elette virtù civiche ed esemplare spirito di solidarietà».

L'oscar della montagna pochi giorni dopo un altro premio, il Paolo Consiglio. Lo scorso 27 maggio, Moro ed Hervè Barmasse, si sono aggiudicati il riconoscimento con la nell'inviolata del Beka Brakai Chhok (6970 metri), compiuta il primo agosto 2008. Ma tra le molte imprese di Moro ci sono anche l'Everest (conquistato per tre volte), il Shisha Pangma (prima ascensione invernale, con Piotr Morawski), il Broad Peak (in velocità), il Cho Oyu, e il Lhotse (in velocità).

Il Bergamo