ZOGNO – In Canada si poteva fare fortuna. Lo aveva letto su un giornale nei primi anni Sessanta, Mario Ghisalberti, conosciuto da tutti come il Marta. E così non ci pensò due volte, fece le valigie e lasciò tutto per inseguire la strada della fortuna. Era il 31 agosto del 1965 quando il Marta, originario di «Casa Ravagnino», nella zona delle di , si imbarcò dall'aeroporto della Malpensa su un aereo a elica con destinazione New York, per poi raggiungere Montreal ancora in aereo. E da allora la paura del volo ad alta quota gli aveva fatto mettere da parte il pensiero di un viaggio intercontinentale per tornare in Italia.

Il mese scorso, però, con il sostegno del figlio Giosuè, l'emigrante è riuscito a vincere le sue paure. Si è imbarcato su un Boeing 747 da Toronto a Roma Ciampino e da qui ha poi raggiunto Malpensa. Ha rimesso piede nella sua Italia, la terra dei suoi avi, dopo 16 ore di viaggio e dopo 45 anni di assenza. Il primo incontro è stato con le tre sorelle (Franca e Graziella, che abitano a Zogno, e Aurelia che da quasi 50 anni risiede a Brebbia, in provincia di Varese) e con la nipote Antonella, residente con il marito Massimo Gamba e quattro figli a Ubiale Clanezzo. «Sono stati incontri indimenticabili – ha detto Mario commosso –. Sognavo di ritornare in Italia, ma la paura del volo era più forte di me. Avrei dovuto viaggiare con mio figlio Giosuè, che per impegni di lavoro ha però dovuto cancellare il volo. Così mi sono fatto coraggio e sono partito da solo».

Ospitato dalle sorelle e dalla nipote Antonella, Mario Ghisalberti, classe 1933, sta cercando di «recuperare» velocemente i 45 anni di assenza dalla terra andando alla scoperta dei luoghi della sua giovinezza e ritrovando i vecchi amici. «Ho chiesto di rivedere la mia vecchia scuola – continua Mario, che parla benissimo il dialetto bergamasco, oltre all'inglese, al francese e allo spagnolo – ma mi hanno detto che non c'è più. A Pratonuovo, vicino a San Gaetano, ora ci stanno solo i boy scout: non ci sono più bambini e la scuola ha chiuso i battenti. Ho chiesto di tanti amici, il Martino, l'Angelì, il Pierino e di tanti altri compagni d'infanzia e della mia adolescenza. Molti di loro non ci sono più. In questi 45 anni è cambiato moltissimo. Restano intatte le belle montagne che ancora mi fermo ad ammirare».

In Canada, per raggiungere una montagna Mario dovrebbe percorrere più di 1.200 chilometri fino all'estuario del più importante fiume canadese, il San Lorenzo. L'emigrante bergamasco, infatti, abita a 45 minuti di auto dalle cascate del Niagara, nella città di Mississauga, dove negli ultimi 25 anni ha lavorato come «supervisor» in un college statale. Ma la sua vita è stata tutta un'avventura. Perché già a 17 anni, nel 1950, era emigrato in Francia per lavorare come manovale, per poi trasferirsi in Svizzera, tra Losanna e Ginevra, per mettere da parte qualche soldo. In vista c'era, nel gennaio del 1958, il matrimonio con Maria Carminati di Botta di , morta lo scorso novembre a Mississauga. «Mio padre – spiega Mario – mi aveva lasciato un posto di lavoro sicuro alla Falck, ma sapevo che quel posto non faceva per me. Ho letto della possibilità di fare fortuna in Canada, mi sono informato all'ambasciata canadese di Berna e in quattro mesi avevo tutti i documenti necessari per partire».
Arrivato in Canada con la moglie Maria e il figlioletto Giosuè che allora aveva
solo otto anni, il Marta pensò subito che per far strada avrebbe dovuto imparare l'inglese. «Di giorno lavoravo – continua Mario – e di sera andavo a scuola. Mi sono diplomato alla High school e sognavo di lavorare in giacca e cravatta. Fare il muratore in Canada significava lavorare anche durante i gelidi inverni».
Nel 1975 arriva un posto ambito da «supervisor» in un college statale. «Mi occupavo di tutta la struttura dell'istituto, dalla manutenzione alla . Era quel lavoro che avevo sempre sognato. Nel frattempo anche mio figlio Giosuè ha fatto carriera. Si è laureato in filosofia e poi in letteratura, aggiudicandosi anche il primo premio accademico alla York University, e ora insegna in due importanti college canadesi, dopo aver insegnato in Giappone e a Montreal». Giosuè e la madre Maria sono ritornati spesso a Bergamo per fare visita a parenti e amici, ma Mario non erano mai riusciti a portarlo con loro in tutti questi anni. «Siamo felicissimi – dice la nipote Antonella – di ospitare lo zio tornato dal Canada. Mio papà Giovanni avrebbe voluto tanto rivederlo, ma è morto cinque anni fa».

Con un visto turistico di sei mesi, Mario rimarrà in Italia fino a dicembre. «Ora che sono piuttosto anziano – confessa Mario – avrei un sogno. Vorrei poter abitare qui a Bergamo per sei mesi l'anno tra la primavera e l'estate. Tornare in Canada per festeggiare con la mia famiglia il Natale e il Capodanno. E poi da gennaio fino a Pasqua riposarmi nei Caraibi, passando con pochissime ore di volo dai meno 20 gradi di Toronto al clima tropicale di Santo Domingo». Intanto non perde occasione di visitare le , prima di andare a far visita anche alla nipote Monica che gestisce un ristorante sulla Costa del Sol spagnola.

Gabriella Pellegrini – L'Eco di Bergamo