Ospedale San Giovanni Bianco a rischio chiusura reparto ostetricia
San Giovanni Bianco Articolo letto da 722 utenti - Pubblicato il 8 Gennaio 2013San Giovanni Bianco sotto la soglia di nascite previste dal ministero. Il ginecologo Crescini: «bergamo è lontana, si mantenga il punto nascita o serviranno gli elicotteri». I tagli ai bilanci degli ospedali arriveranno a metà 2013 portando effetti pesanti, come la riduzione delle sale parto sul territorio. In provincia di bergamo almeno un ospedale, quello di San Giovanni Bianco, dovrebbe chiudere l'ostetricia. Ma anche a Calcinate e a Piario le cose potrebbero complicarsi. La spending review della sanità lombarda è solo congelata, sospesa in vista delle elezioni regionali e del cambio ai vertici del Pirellone. roberto formigoni ha chiuso il 2012 con l'annuncio che il bilancio della Lombardia per il nuovo anno non prevede riduzioni di spesa per gli ospedali.
Si tratta di un messaggio che contraddice i contenuti della delibera, che recepisce il decreto Balduzzi, lasciandolo solo per il momento sulla carta. Il prossimo governatore e il nuovo assessore alla Sanità, quando si insedieranno, avranno già pronto un piano di risparmi da 255 milioni di euro. A risentirne sarebbero alcuni reparti specialistici, soprattutto negli ospedali più piccoli e periferici. È appunto il caso di San Giovanni Bianco (che fa parte dell'Azienda ospedaliera di treviglio). Qui nel 2012 sono nati 180 bambini. Le nuove regole prevedono che ogni punto nascita può restare in funzione solo se supera la quota annuale di 500 parti. La tendenza del recente passato nell'ospedale della Valle Brembana lascia immaginare un ulteriore calo, nei prossimi anni. Nel 2011 le nascite a San Giovanni Bianco erano state 220. Il rischio che nel 2013 la nuova giunta della Lombardia decida di tagliare il punto nascita brembano è serio. «Secondo queste regole e questi numeri, il rischio c'è», dice Claudio Crescini, primario di ostetricia e ginecologia di San Giovanni Bianco. Il ginecologo descrive quale sarebbe l'impatto sul territorio se il suo reparto chiudesse: «Per ora si tratta di un taglio solo sulla carta – dice Crescini -, ma se si dovesse realizzare colpirebbe una zona che ha gravi problemi di collegamento con il resto del territorio. Il punto nascita più vicino, a quel punto, sarebbe l'ospedale di Bergamo. Per chi abita nei paesi dell'alta val brembana può significare 40, 50 chilometri, magari anche un'ora e mezza in auto. Un tempo molto lungo per una donna alla quale sono iniziate le contrazioni. Per non dire dei rischi nei casi più rari ma pericolosi, come un distacco di placenta: una cosa è avere l'ospedale a dieci minuti da casa, una cosa è metterci un'ora per arrivare». Crescini vede due possibili vie d'uscita, per conciliare la qualità del servizio sanitario e i risparmi: «La Regione decida come fare, ma deve garantire un livello di cure accettabili anche ai cittadini che abitano in zone isolate come questa – dice il primario -. Quindi, o si sceglie di tenere aperto il punto nascita a dispetto dei numeri, oppure si deve assicurare un servizio di trasporto efficace, ad esempio con gli elicotteri». Già oggi partorire in Val Brembana significa avere qualcosa in meno. «Non abbiamo la copertura dell'anestesista – spiega Crescini – sufficiente a garantire il parto indolore con la peridurale. Stiamo sperimentando il gas analgesico, che è però meno efficace».
La Regione prevede di tagliare, nel 2013, 13 punti nascita sui 70 oggi esistenti in Lombardia. Oltre a quello di San Giovanni Bianco, a rischio in bergamasca potrebbero essere quelli di Piario e Calcinate. Nel primo (dell'Azienda ospedaliera di Seriate), nel 2012 sono nati 545 bambini e nel 2011 erano stati 565. A Calcinate, che dipende da Treviglio, i nati nel 2012 sono stati 570, una ventina in più rispetto al 2011. Tendenze diverse che potrebbero segnare un destino diverso per i due punti nascita. Gli altri quattro ospedali attrezzati per i parti – Bergamo, Seriate, Treviglio, Alzano lombardo – non rischiano tagli, perché ampiamente sopra il migliaio di nascite l'anno.
Il meccanismo della chiusura di reparti specialistici che forniscono meno prestazioni rispetto alle soglie stabilite dalle tabelle ministeriali riguarda diversi ambiti e ospedali. Si calcola che in Lombardia nel 2013 potrebbero essere chiusi 4 reparti di cardiochirurgia, 2 di chirurgia toracica, 11 di chirurgia vascolare, 5 di neurochirurgia e 23 di emodinamica.
Simone Bianco – Il Corriere della Sera – Bergamo e Provincia
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