Il Parco Adamello-Brenta: la conferma dalle analisi genetiche di resti biologici. In autunno impronte e avvistamenti nelle nostre valli: è un nuovo esemplare. JJ5 se ne è tornato a casa, almeno da sei mesi. L'orso che dal maggio 2008 si era fermato sulle , girovagando tra Brembana, Valle Seriana e , con qualche puntata anche in Valtellina, è ormai certo che si trovi in Trentino, luogo da cui era partito. La conferma dal Parco Adamello Brenta e dalla Provincia di Trento. Gli esami del dna su feci e peli, ritrovati sulle Alpi orientali, hanno accertato che si tratta proprio di JJ5, il quinto figlio di Jurka e di Joze, due degli esemplari provenienti dalla Slovenia meridionale, e reintrodotti tra il 1999 e il 2002 sulle nostre Alpi grazie a un progetto di ripopolamento finanziato dall'Unione europea. Esami che dimostrano senza ombra di dubbio che JJ5, oggi quattro anni di età, era sicuramente in Trentino tra il 15 giugno e l'11 ottobre scorso, periodo a cui risalgono le rilevazioni scientifiche.

Chi era, allora, l'orso segnalato e di cui è stata verificata la presenza dall'estate e fino al novembre scorso tra Orobie bergamasche e Valtellinesi? Non JJ5. Sta di fatto, quindi, che un nuovo plantigrado abita le nostre . I suoi peli sono stati raccolti e si attendono gli esami del dna da parte 'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale di Bologna (lo stesso che ha esaminato i resti biologici e quindi accertato il ritorno di JJ5 in Trentino). Da lì si dovrebbe riuscire a risalire ai genitori, quasi certamente qualcuno degli esemplari introdotti una decina d'anni fa sulle Alpi.

«Gli esami sui resti biologici avvenuti nel periodo giugno-ottobre dello scorso anno – spiega Claudio Gross, che per la Provincia di Trento gestisce le indagini sull'orso – confermano con certezza che JJ5 è tornato sul nostro territorio, da dove era partito. Molti difficile, poi, che JJ5, da novembre ad ora, si sia rifatto vivo sulle Orobie. E ora è sicuramente in letargo. Peraltro, già altri orsi, cuccioli dei primi plantigradi che erano stati introdotti in Trentino, sono tornati da noi, dopo un periodo in Alto Adige o in Svizzera». E i risultati dell'ultimo anno di monitoraggio degli orsi (gli esemplari dovrebbero essere dai 25 ai 30), nell'ambito del progetto di ripopolamento delle Alpi, saranno resi noti ufficialmente il 3 febbraio, al museo di Scienze naturali di Trento. JJ5 e le sue scorribande, quindi, ci hanno lasciato, ma le Orobie ospitano ancora un orso: perché le segnalazioni della presenza di un plantigrado, nonostante JJ5 se ne sia andato, sono rimaste. Un orso meno dispettoso, peraltro, visto che di danni, per ora, pare non ne abbia fatti.

«A fine settembre e a fine ottobre – spiega Chiara Crotti, ricercatrice per il – la presenza di un orso è stata accertata in Val Masino, una valle laterale della Valtellina, a nord delle Orobie. Ci sono le fotografie delle impronte, inconfondibili, e, sempre lo scorso autunno, a inizio novembre, ci sono state segnalazioni e avvistamenti da parte di escursionisti anche in alta Valle Brembana, al passo San Marco e, l'ultima, a novembre, in Valle Seriana. Un nuovo orso, quindi, vive quasi certamente sulle Orobie bergamasche e valtellinesi, probabilmente un giovane maschio, esemplari che più facilmente si spostano». Non resta che capire, anche qui grazie all'esame dei peli ritrovati in Valle Seriana, di chi si tratti, ovvero chi sia esattamente tra i discendenti dei primi nove orsi rilasciati in Trentino dieci anni fa. «Ci vorrà un po' di tempo – continua Crotti – perché prima di effettuare gli esami del dna, in genere, si attende di avere un numero maggiore di resti biologici».

Fino a fine febbraio, comunque, il nuovo orso delle Orobie dovrebbe restare in letargo e quindi non farsi vedere. «Col risveglio in primavera – prosegue Crotti – sarà sicuramente affamato e si ciberà delle carcasse di altri . Poi staremo a vedere. Certo è che la presenza di un nuovo orso è sicuramente positivo: è il segno che il progetto di reintroduzione sta avendo successo e le Orobie rappresentano un buon habitat per l'animale».

Giovanni Ghisalberti – L'Eco di Bergamo

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