Dal monte Alben alle mongolfiere E una salita alla del Bregagno. Val Serina, terra di alpinisti. Basti ricordare quel Virginio Epis, originario di Oltre il Colle appunto, che per primo tra gli italiani, nel 1971, toccò la vetta più alta della Terra, l'Everest. Anche lui, prima di calcare le cime himalaiane, si era fatto le ossa quassù, sulle creste dell'Arera, davvero una bella palestra. Anche e soprattutto d'inverno, quando l'abbondante manto ricopre questi arcigni versanti senza far rimpiangere troppo le rarità botaniche che, nella bella stagione, li trasformano in un autentico giardino botanico.

Orobie, il mensile di cultura alpina che da quasi due decenni si occupa della montagna lombarda e non solo, lo aveva presentato un paio d'anni fa con un bel servizio dedicato al Sentiero dei fiori; nel numero in edicola da venerdì scorso la rivista è tornata a parlare del gruppo Maga (Menna, Arera, Grem e Alben) e, viste le abbondanti precipitazioni lo ha fatto pensando agli appassionati delle pelli di foca. Prudenza, naturalmente, anche se salendo al passo di Zambla, questa la meta dell'escursione proposta, di grossi rischi non ce ne sono.

«Complice la totale assenza di valanghe, sostengono gli autori Lucio Benedetti e Chiara Carissoni, ogni scelta qui è concessa: a piedi, con gli o con le , tutto è permesso in qualsiasi momento della stagione». Avanti allora, al valico (1.270 metri), si arriva attraverso la Val del Riso, che si snoda fra il monte Alben e il monte , e, lungo la strada non mancherà l'occasione di gettare lo sguardo sulle testimonianze, ormai remote, di quella che per secoli fu la vita di questi villaggi: le miniere di calamina, chiuse da una trentina d'anni.

Tutta panoramica è invece l'escursione, sempre con gli sci ai piedi, al Bregagno. Dalla cima che si innalza con un balzo di 1.900 metri dalla sponda occidentale del Lario, la vista spazia a 360 gradi, abbracciando uno degli orizzonti più suggestivi delle Prealpi, fino a inquadrare sullo sfondo anche il monte Rosa. Orobie ha affidato l'illustrazione di questi bellissimi posti a uno dei suoi collaboratori più assidui e conosciuti: il fotografo Mauro Lanfranchi.

Ugualmente suggestivo il reportage dedicato alle mongolfiere di San Biagio. I variopinti palloni sono finiti pure in copertina e la ragione non è solo legata alla vivacità della scelta. Di mezzo c'è anche una festa, quella del patrono di Cavriana nel Mantovano, che rappresenta un appuntamento di grande richiamo con una maxi torta di tre metri e mezzo di diametro e la possibilità di sorvolare il dolce paesaggio collinare a bordo delle mongolfiere.

Per il resto febbraio è un numero all'insegna della cucina, per l'esattezza dell'archeocucina e delle antiche ricette riscoperte grazie ai testi conservati nella biblioteca Mai di Bergamo, di una movimentata corsa di cavalli sul lago ghiacciato di Sankt Moritz, il White Turf, e di un personaggio – Albano Marcarini – che sembra fatto apposta per la rivista: da tempo si dedica infatti allo studio e alla riscoperta di antichi percorsi e strade storiche. Per il secondo anno consecutivo ha firmato il libro omaggio agli abbonati. Un omaggio decisamente apprezzato.

L'Eco di Bergamo