Alta Brembana: il plantigrado protagonista del teatro messo in scena dai parroci. La storia di due famiglie in lite. Battute ed equivoci su modi di dire e fare dei valligiani. Prima o poi doveva accadere, c'era da aspettarselo. Dopo un anno passato a girovagare tra Brembana, e Valle di Scalve, a far man bassa di polli e miele, un po' odiato (dagli agricoltori e dagli allevatori) un po' amato (dal resto della popolazione), difeso oltremisura (il divieto di fotografarlo), inseguito da ricercatori-zoologi e soprattutto scoop da prima pagina per le sue «imprese», l'orso JJ5 è diventato anche «star» da commedia dialettale. Perse un po' le sue tracce, quelle vere – l'ultima sua comparsa in risale a inizio maggio a Colere -, il plantigrado è tornato a far parlare di sé qualche giorno fa, sul palco del cineteatro di Piazza Brembana.

Ebbene sì, JJ5 è diventato il protagonista della rappresentazione teatrale messa in scena dai nove sacerdoti dell'alta Valle Brembana, in occasione della festa del vicariato. Naturalmente con una sua morale: spesso gli uomini sono più orsi degli orsi e l'animale è più «umano» degli uomini che si comportano da bestie.
Così, tolta la veste talare, i nove sacerdoti hanno indossato per una mezz'ora quelli di due famiglie in perenne litigio, alle prese con rancori personali per vecchie questioni, unite solo dal tenero amore dei rispettivi figli.

Poche righe per la trama della commedia: da una parte la famiglia dei Marengù (falegnami in bergamasco) con don Gianluca Salvi, parroco di Foppolo, Valleve e Carona, interprete di Bortolo, appassionato di fiori, don Alfio Signorini di , Fondra e Trabuchello nelle vesti della moglie Rosina, quindi il figlio un po' tonto e innamorato Anselmo, interpretato da don Alessandro Beghini di San Martino, Moio e Valnegra; nella famiglia dei Sachèla ci sono Alessandro, con l'hobby delle api, interpretato da don Andrea Mazzucconi di Santa Brigida e Cusio, il parroco di Olmo e Cassiglio don Pierantonio Spini nei panni della moglie Assunta e infine la figlia innamorata interpretata da don Giovanni Algeri, curato vicariale.

Vestito da orso JJ5 – e forse non poteva essere diversamente viste le misure un po' «allegre» – c'è don Luca , parroco di Valtorta e Ornica e regista della commedia. Poi ci sono il «» don Giovanni Locatelli di , Piazzolo e Mezzoldo e il suo aiutante don Gianfranco Scandella, vicerettore del biennio di Teologia in Seminario e spesso in servizio a Foppolo.

Dunque, spinti dall'odio reciproco, Bortolo Marengù sfascia l'arnia di api di Alessandro Sachèla e quest'ultimo rovina i fiori del giardino di Bortolo; entrambi, però, facendo credere all'altro che a causare i danni sia stato JJ5. Come? Segnando sul luogo del «disastro» finte orme dell'orso. Viene allora chiamato un cacciatore per cercare di catturare l'animale. Ma a cadere nella tagliola non è il plantigrado bensì il Bortolo: un pezzo dei suoi pantaloni viene portato come prova dal cacciatore.

Fino all'ultimo, però, anche di fronte all'evidenza, i due uomini si dichiarano innocenti, proseguendo nel dare la colpa a JJ5. «L'urs coi braghe, ‘n se nel Dumela, me somea normal!», sentenzia Bortolo per difendersi. «L'è prope moderno sto urs, ‘l va ‘n giro coi scarpe e po, per fa vet che l'è orso, al fa giò i so orme a la egia», aggiunge Alessandro Sachèla.

Così, già comparso in altre occasioni durante la rappresentazione ma sempre muto, l'orso irrompe sulla scena e proclama la morale: «In fi de la fera la culpa l'è semper la me: i diss che so brot, sporc, catiff e fo di dagn perché mange mel, pecore e galine fina che so piè ma pensiga u moment: l'è la me natura. Piotost: quande gh'è de la zet che la se'nzegna a fa del mal, che de robà e copà la specia doma l'ura, ve dighe la verità: da me go ona gran pura!». La commedia è un susseguirsi di battute ed equivoci divertenti che, in modo caricaturale, tirano in ballo «beghe», modi di fare e di dire dei valligiani. E ci sono anche i riferimenti (come da tradizione) ai due sacerdoti anziani assenti: don Lorenzo Grigis di e don Renato Villa di Roncobello.

Buona parte del merito della recita va a don Luca Valoti che ha steso il testo e, insieme ai ragazzi della parrocchia, realizzato la scenografia. «Ogni anno sceglie la commedia anche pensando a chi dovrà interpretarla – spiega don Signorini, parroco di Branzi -, assegnando i ruoli in base al nostro carattere. Ovvio che la parte dell'orso, vista la stazza, non poteva che essere sua».

«Abbiamo provato lo spettacolo solo tre volte – continua don Signorini – ma siamo affiatati da tempo e poi ogni tanto improvvisiamo. Il momento più divertente? La ritrosia di don Gianluca nel dire una “parolaccia” prevista dal copione. Poi finalmente si è deciso e, alla fine, durante lo spettacolo, c'è stato l'applauso generale del pubblico». Dopo il debutto in scena grazie ai sacerdoti, quindi, non resta che attendere il ritorno di JJ5 nelle nostre valli (a inizio giugno, sarebbe stato avvistato in Valdisotto, in provincia di Sondrio). Magari per fare da capro espiatorio a qualche litigio tra famiglie…

Giovanni Ghisalberti – L'Eco di Bergamo