Oltre il Colle – Gli impianti sciistici abbandonati, un nuovo viaggio nel degrado. Già negli anni Ottanta era evidente il problema delle piste costruite a quote troppo basse. I segni degli impianti sciistici abbandonati sono sfregi sulle bergamasche. La vista oggi è desolante in diverse località delle valli orobiche, ma la storia di quel degrado parte da lontano. Era il 1988 e era assessore provinciale al Turismo; quell'anno sui tavoli della Provincia, della Regione e dei giornali arrivò un documento scritto da lui che tuonava contro il rischio di chiusura degli impianti dell'Alben, a . Impianti che appena nati boccheggiavano già, mancanza di neve, emergenza continua: «Così non possono stare in piedi», disse l'assessore provinciale e infatti i piedi cedettero subito e dall'Alben se ne andarono tutti. Lì in mezzo a quel pugno di fiori gialli, che in questi giorni fanno sembrare l'Alben un sole riflesso, rimangono gli skilift e la seggiovia, arrugginiti, con una recinzione rotta che cerca di non farli notare troppo ai turisti.

«Una vittoria per noi – racconta Michele, uno che in quegli anni si batté per non farli costruire, uno dell'allora famoso Gruppo di difesa del Monte Alben – ma una vittoria di Pirro, perché la natura si è ritrovata con quei vecchi ferri addosso; è come se ti operassero per un intervento di cui non hai bisogno e ti lasciassero una garza dentro».

Il Gruppo di difesa le provò davvero tutte, manifestazioni, campagna di stampa, processioni davanti alla Provincia e agli organi competenti: «Niente da fare, li fecero ugualmente e durarono il tempo di un inverno». Ufficialmente dismessi nel 2003 dopo una , non funzionarono mai: «Troppo bassi – osserva Mario Zamboni, responsabile del Wwf Bergamo -; ricordo quelle battaglie, ricordo che non ci ascoltarono, la società che si ostinò per realizzarli era la stessa che aveva fatto gli impianti a Selvino, al Poieto, ma là non c'era neve e pensarono così di andare sull'Alben. Un altro buco nell'acqua, un prato esposto a sud che parte da 1.400 metri, non c'è neve. A Poieto all'inizio era diverso ma perché l'impianto risaliva ad almeno 50 anni prima e allora nevicava di più. Negli anni Ottanta era già cambiato tutto, ma non ci ascoltarono».

La località si chiama Plassa Arera e dopo aver percorso una strada sterrata si ai due skilift e alle due seggiovie: lì attorno una casa, un bar più a e il rifugio Capanna 2.000. Il prato va da 1.400 a 2.000 metri. Il Comune di Oltre il Colle ripristinò il tronco superiore di seggiovia che poi venne collegato a una nuova strada che arriva a 1.600 metri, nata tra le polemiche.

L'Arera rimane lì, con quel suo inconfondibile profilo che la fa sembrare un intarsio di rocce e piante e il suo sentiero dei fiori: «Che quando lo percorri e arrivi lì di fronte a quella ferraglia ti si chiude il cuore, perfino i fiori crescono meno, sembra si rifiutino di sbucare lì in , fateci caso, smettono di crescere a poche centinaia di metri dagli impianti».

Aristea Canini – Corriere della Sera –