Cornello dei Tasso – In tempi come questi, spesso per lavorare si espatria. Lo si legge sui giornali e ce lo raccontano gli amici. Ma a volte, nello stupore generale, succede anche il contrario. Diciamolo forte e chiaro: a volte ritornano. E quando ritornano, va da sé, fanno notizia. La notizia, in questo caso, si intitola «Io, Arlecchino», film quasi tutto bergamasco le cui riprese sono in corso tra il teatro Sociale e Cornello dei . Il protagonista – della notizia, non del film: del film è co-regista con Giorgio Pasotti e co-sceneggiatore con Maurice Caldera – si chiama Matteo Bini. Trentenne, bergamasco, partito dalla zolla natia due anni fa per frequentare la National Film School di Londra, città in cui ritornerà per dedicarsi al montaggio di questa sua prima prova da capitano della nave: lui che, nella nave, era sempre stato in «sala macchine», occupandosi di montaggio come gli accadde con «Girlfriend in a coma», documentario di Annalisa Piras e Bill Emmott.

Cosa volevate raccontare, con questa storia?
«Volevamo affrontare il tema della tradizione e di ciò che ci appartiene. L'ho scritta con uno sceneggiatore anglo-spagnolo, volevo che qualcuno mi aiutasse a mantenere la giusta distanza narrativa. In sintesi, la vicenda di “Io, Arlecchino” è quella di un personaggio che riscopre la sua identità. E insieme alla propria, quella collettiva. Insomma, abbiamo lavorato al contrario». In che senso? «Nel senso che di solito, quando si affronta il tema della maschera, la maschera cela un'identità. In questo caso, invece, la svela».

E Arlecchino cosa c'entra?
«Arlecchino è il fulcro di questa riscoperta. Il protagonista, Giorgio Pasotti, è un presentatore tv, un uomo abituato a vivere di se stesso e della propria immagine, che misura la qualità dell'esistenza in termini di indici di ascolto. Solo quando si trova a dover salvaguardare il suo passato – Arlecchino, la commedia dell'arte e tutto quel patrimonio -, riallacciando cioè il rapporto con suo padre e con la sua terra, si renderà conto che il modo di pensare la vita dovrà cambiare. Capisce che il successo non è il reale valore di una cosa o di una persona. Anzi, il suo approccio, nelle cose che contano, diventerà l'esatto opposto: un approccio “a perdere”. Non si può sempre ragionare coi numeri, pesando e valutando con le cifre. E alla fine il protagonista troverà se stesso quando troverà la maschera».
Come stanno andando le riprese? E come vi dividete il lavoro con Giorgio Pasotti?
«Senza alcun attrito. Con Giorgio la collaborazione fila via liscia. Prima dei ciak parliamo col direttore della e con gli attori, stabiliamo i punti-macchina e definiamo le intenzioni dei personaggi in modo che sul set vada con le idee chiarissime. Ovviamente lui si occupa soprattutto dell'interpretazione dei personaggi mentre io e la mia esperienza di montatore torniamo utili per capire i criteri della messa in scena e le inquadrature. Lo spirito è molto collaborativo. Ognuno dice la sua, poi si sceglie la migliore».
Bilancio personale, al giro di boa della lavorazione?
«Sono molto contento, è una grande opportunità. Seppure in me c'è sempre, devo ammetterlo, un certo livello di tensione. Ma è una tensione sana. Del resto non siamo in gita, dobbiamo fare le cose al meglio, e durante i ciak non abbiamo licenza di perdere tempo. Spesso vanno prese decisioni immediate. Comunque con Giorgio stiamo cercando di lavorare come piace a noi, cioè senza farci troppe paranoie e sicuri che un lavoro ben fatto alla fine una distribuzione la trova. Per adesso conta solo una cosa: i primi a essere soddisfatti dobbiamo essere noi e i nostri produttori. E poi c'è quello che io considero un regalo: Davide Ferrario. È stato presente a parte delle riprese e forse nei prossimi giorni tornerà a trovarci. Lui ci ha “battezzato”. Ha esperienza e capacità, non è poco».
E condotta in porto questa nave?
«A gennaio tornerò a Londra, forse partirà una collaborazione, ancora con Annalisa Piras».
Le vostre strade torneranno, dunque, a incrociarsi?
«Pare di sì, ma in generale non è la prima volta che mi succede. Sette anni fa girai con Officina della Comunicazione uno spot per l'Accademia di . Chi era il protagonista? Bè, Giorgio Pasotti».

Marco Archetti – Il Corriere della Sera – e Provincia