Serina vanta a buon diritto l'onore di aver dato i natali a uno dei protagonisti del rinascimento pittorico veneziano: Jacopo Nigreti de Lavalle, comunemente e universalmente conosciuto con il nome di Palma il Vecchio (Serina 1480 circa – Venezia 1528). Non ci soffermeremo a considerare i tratti biografici del pittore, e ugualmente ci asterremo dal raccontare i fasti del suo genio che si dispiegò nelle tre grandi categorie pittoriche delle pale d'altare, delle sacre conversazioni e dei ritratti. La bibliografia che lo riguarda è piuttosto robusta; citiamo soltanto lo studio di Giovanni Mariacher inserito nella collana I Pittori Bergamaschi (Bergamo, 1988, vol. I) e la notevole monografia di Philip Rylands Palma il Vecchio. L'opera completa (, 1988).

Piuttosto andremo a visitare carte d'archivio vecchie ormai di quasi ottant'anni, per farci raccontare qualcosa di interessante circa il desiderio dei serinesi, purtroppo rimasto tale, di celebrare la gloria del più illustre dei loro concittadini. Cominciamo col dire che già all'inizio del Novecento il Circolo Artistico di Bergamo
aveva provveduto a collocare sulla facciata del municipio di Serina, che allora si trovava nei locali del Convento, una lapide commemorativa dedicata a Palma il Vecchio. L'ingegner Elia Fornoni (1847-1925) in qualità di vicepresidente del Circolo, con lettera datata 16 aprile 1901, ne aveva dato notizia al sindaco di Serina Felice Sfardini. Il Consiglio comunale, da parte sua, con atto del 9 maggio 1901, deliberava all'unanimità di “accogliere favorevolmente la domanda, mandando subito l'incarico alla Giunta perché per detta giornata metta a disposizione 'esimio e benemerito Circolo Artistico la banda musicale”.1 Ma un rilancio in grande stile della figura e dell'opera di Palma il Vecchio venne messo in cantiere, proprio a Serina, in piena epoca fascista.


La piazzetta antistante al vecchio municipio di Serina ove si era pensato di collocare
il monumento a Palma il Vecchio

Nella primavera dell'anno 1933, undicesimo dell'era mussoliniana, il nome del pittore serinese trovò improvvisa e inaspettata visibilità sulle pagine del quotidiano “L'Eco di Bergamo”. L'occasione fu la ricognizione sul nostro territorio di un cronista di quel giornale per dare conto della tradizionale Mostra bovina che, negli anni Trenta, veniva organizzata a Serina in due edizioni annuali: prima decade di aprile e fine di settembre. Nel “pezzo” di cronaca del 6 aprile 1933, saltò fuori che ilcommissario prefettizio Gaetano Alberzoni, che era a capo della pubblica amministrazione serinese, era deciso a erigere un monumento in onore di Palma il Vecchio: una stele colle sembianze dell'artista da collocare davanti alla sede del municipio, proprio in mezzo ai due tigli che campeggiavano nella piazzetta.2 Il primo a raccogliere, con grande tempestività, la proposta del commissario Alberzoni fu l'ingegner Luigi Angelini (1884-1969), personaggio fra i più attivi, per la Bergamo dell'epoca, nella dell'arte e nello sviluppo dell'architettura.

L'Angelini, con lettera dell'8 aprile 1933, metteva a disposizione delle iniziative palmesche di Serina la sua competenza e il suo ufficio di Ispettore dei monumenti per il Mandamento di della Soprintendenza all'Arte di Milano.3 La voce dell'iniziativa celebrativa circolò in fretta in Città e raggiunse lo scultore bergamasco Giovanni Avogadri il quale, in una lettera datata 22 aprile, debitamente corredata di “ossequi fascisti”, comunicava al commissario prefettizio Alberzoni di essere pronto a mostrare non solo un disegno del busto e del piedestallo del monumento dedicato a Palma il Vecchio, ma addirittura a far valutare il bozzetto dell'opera stessa.4 In quegli stessi giorni anche lo scultore Tobia Vescovi, “fascisticamente salutando”, offriva in una lettera la propria disponibilità per la realizzazione dell'opera, invocando il favore della scelta stante “la totale mancanza di lavoro”.5

Il commissario Alberzoni non era intenzionato a perdere tempo e, nello stesso mese di aprile dell'anno 1933, in cui si era manifestata pubblicamente la sua volontà, il giorno 25 volle che fosse adottata una deliberazione che si proponeva due obiettivi ben precisi. Primo, “doversi provvedere alla erezione in Serina, nella piazzetta prospiciente il municipio, di un decoroso monumento (stele con busto in bronzo) a Giacomo Palma il Vecchio”. Secondo “doversi provvedere all'acquisto della casa dove secondo costante tradizione nacque Palma il Vecchio”. Alberzoni intendeva
far fronte alla spesa di ottomila lire per il monumento e di seimila per la casa con il ricavato di una pubblica sottoscrizione provinciale e con aiuti del Ministero per l'Educazione nazionale.

Si trattava, a questo punto di costituire un Comitato d'onore e un Comitato esecutivo. Alla fine dell'estate la lista era pronta. Del Comitato d'onore avrebbero fatto parte il ministro per l'Educazione, il prefetto, il vescovo, il segretario federale, i parlamentari bergamaschi, il presidente della Provincia (che allora si chiamava “preside”), i podestà di Bergamo e Venezia e altre personalità dell'ambiente culturale cittadino. Il Comitato esecutivo, che avrebbe dovuto rappresentare il braccio operativo dell'iniziativa, era presieduto dal commissario prefettizio Alberzoni, dal segretario del Fascio di Serina Giacomo Belotti, dal parroco don Antonio Ruggeri (che fu a Serina dal 1916 al 1933), dal medico del paese Giovanni Cavagnis6 e dal professor Giacomo Sfardini.7

L'organo di stampa della Federazione dei fasci di combattimento di Bergamo “La Voce di Bergamo (Il Gagliardo)” si incaricò di diffondere la notizia della manovra organizzativa che si stava preparando nel paese montano, con un articolo pubblicato il 6 ottobre 1933 dal titolo Serina dedicherà un ricordo marmoreo a Palma il Vecchio.

Nell'Archivio comunale sono conservate alcune lettere di risposta all'invito del commissario. Antonio Locatelli, direttore del periodico “La Rivista di Bergamo”, inviò una lettera autografa nella quale dichiarava di accettare volentieri l'invito a far parte del Comitato per il monumento a Palma il Vecchio, aggiungendo che avrebbe fatto preparare un articolo ben illustrato per la rivista che dirigeva.8 È documentata la risposta del segretario federale di Bergamo Emilio Santi (6 ottobre 1933), del podestà di Venezia (14 ottobre 1933) e del ministro Francesco Ercole (telegramma del 13 gennaio 1934).9

Troviamo ancora una prova della operosa diligenza del commissario Alberzoni in una circolare (11 ottobre '33) che egli volle spedire ai podestà di diverse località, nella quale chiedeva che fossero recapitate a Serina le fotografie delle opere del Palma possedute dalle pubbliche pinacoteche di loro pertinenza. Tanto si chiedeva nell'ipotesi della creazione di un piccolo museo che avrebbe conservato i cimeli del pittore. Fin qui arrivano i documenti. Ma a spiegare il successivo silenzio e il fatto che tutto finì nel nulla, possono soccorrerci solo le ipotesi, prima fra le quali dovremo forse mettere quella inerente la gestione economica. La questione venne ripresa a distanza di trentatré anni. Nel 1966 i pubblici amministratori di Serina rilanciarono dalle colonne del quotidiano “L'Eco di Bergamo” l'antico anelito di dedicare un monumento alla loro “gloria” più rinomata. Vennero ripresi i contatti con l'ormai anziano scultore Avogadri. Si parlò addirittura di quella che avrebbe dovuto essere la nuova collocazione del busto del Palma: non più tra i due tigli secolari di fronte al convento, ma accanto al nuovo municipio “in un grande piazzale ricavato tra il verde”. Ma ancora una volta l'entusiasmo per l'iniziativa trovò posto solo sulla carta finendo per diventare, come si suol dire, “lettera morta”.10

Ricostruita la storia di questo sogno serinese, che vive così la sua terza occasione di visibilità, resta da chiedersi se l'idea del monumento conservi ancora un barlume di attuabilità. Personalmente non la considero del tutto peregrina e neppure anacronistica. Ma c'è un cruccio più impellente che riguarda il Palma serinese. Nella sagrestia della Chiesa parrocchiale è conservato il polittico della Presentazione della Vergine (1514-1515), opera a otto scomparti di Palma il Vecchio.11 Dal 1910 le tavole si trovano riunite in una cornice lignea che, di fatto, mortifica lo splendore delle figure rappresentate, con tutto che lo spazio medesimo della sagrestia risulta non perfettamente adatto per la godibilità di quella inestimabile opera d'arte. Il problema non è di semplice soluzione, ma il conferimento di un'appropriata, nuova leggibilità al polittico palmesco deve rimanere vivo: quanto meno un appunto da mantenere trascritto, di volta in volta, sulle rubriche di tutti gli amanti del bello.

Roberto Belotti – tratto dai Quaderni Brembani – Culturale