Il contenuto era noto. Adesso è pure ufficiale. La lettera aperta sull'uso, ma sarebbe più corretto parlare di abuso, dei sentieri e delle mulattiere di montagna da parte dei mezzi motorizzati è stata recapitata ieri. Mittente: il Cai di . Destinatari: tutte le istituzioni interessate al tema dalla Regione in giù, comprese Provincia, Prefettura, Comunità montane e Comuni. Un appello per evitare che la grande rete dei tracciati orobici venga, come ormai accade sempre più spesso, bistrattata da moto, quad e quant'altro con gravi rischi anche per gli escursionisti.

«Da anni – si legge nel documento firmato dai presidenti delle sezioni e delle sottosezioni – i frequentatori delle nostre montagne segnalano e documentano i gravi danni legati al transito di motocross e mezzi motorizzati su numerosi sentieri, itinerari e mulattiere del territorio provinciale. E questo, nonostante l'esplicito divieto della del dicembre 2008 che ne vieta il transito a eccezione di quelli di servizio e di quelli autorizzati».

I problemi ambientali
Il risultato? Problemi su tutti i fronti. Innanzitutto dal punto di vista tecnico perché gli itinerari sottoposti al passaggio improprio degli stessi mezzi subiscono danni difficilmente rimediabili con la normale manutenzione, per altro quasi esclusivamente a carico dei volontari del Cai. In secondo luogo anche sul piano ambientale i guasti non mancano soprattutto a causa della sistematica devastazione della flora e della vegetazione, oltre che per il disturbo arrecato alla fauna in particolare nei periodi riproduttivi. Infine, ma non ultimo, le incognite sulla con pericoli e rischi per tutte le pratiche escursionistiche sia in estate che in inverno.

Appello al buonsenso
Da qui l'appello. Con una serie di richieste tra cui la realizzazione di un'adeguata segnaletica sui percorsi di montagna vietati alle moto, controlli più efficaci, un contributo tangibile alla manutenzione del patrimonio sentieristico e la ricerca di soluzioni in grado di contenere, se non eliminare, il negativo impatto del fenomeno anche attraverso lo studio di aree e percorsi adatti alla pratica del fuoristrada. «Non è nostra intenzione – aggiunge il presidente del Cai di Bergamo Paolo – penalizzare questa disciplina che sappiamo vantare un grande seguito e una notevole tradizione in . Si tratta solo di rispettare le regole e cercare una civile convivenza. La questione è anche e soprattutto culturale».

A questo proposito la proposta del Comitato centrale del Cai datata 15 luglio 2006 e allegata alla stessa lettera parla chiaro: «Bisogna domandarsi – sostengono i rappresentanti del sodalizio – quale montagna vivere, quale montagna esplorare, cosa portarsi a casa. Quali emozioni, quale vissuto. Il nostro approccio di alpinisti ed escursionisti è basato su una cultura del rispetto e della contemplazione, sia pure venata da una sana competizione e da un po' di spirito di conquista».

Emanuele Falchetti – L'Eco di Bergamo