Il Gran gala della montagna chiude la rassegna di film. La giuria premia opere dal taglio naturalistico e malinconico I riconoscimenti a Giorgio Tomasi per «Twice», Filippo Bertoli per «Progetto Life», Rob Frost e Stephan Siegrist. Si è conclusa ieri sera con la serata di premiazioni denominata Gran gala della montagna, la seconda edizione del Festival internazionale del documentario – Orobie Film Festival. Organizzato da Team Italia attraverso l'Associazione Montagna Italia, il festival è diviso in tre sezioni: Orobie Film Festival («momento di delle e Prealpi orobiche»); («per valorizzare il grande patrimonio culturale, storico e turistico» regionale); Area internazionale («per promuovere il vasto patrimonio culturale e turistico 'Italia e del mondo»).

Sono stati 23 i film selezionati quest'anno: quattro nella sezione Orobie Film Festival, cinque nella sezione Regione Lombardia e quattordici per quella internazionale. La giuria, composta da Luciano Gilardi (Cai – Sezione di Bergamo), Antonio Salvi (FilmFestival Trento), Gianni Scarpellini (Cai – Sezione di Bergamo), Roberto Serafin (FilmFestival Trento), Valentina Varinelli (Teamitalia) e Rudy Zanchi (Teamitalia), ha così premiato i film in concorso. Per la sezione Orobie Film Festival, primo premio a «Twice» di Giorgio Tomasi «per l'originalità della tematica e il fascino dell'ambientazione nella quale si sviluppa la vicenda raccontata». Menzione speciale a «Mai e maer» di Andrea Cremaschi «per aver riscoperto attraverso le immagini e i racconti il fascino e la fatica dell'antico mestiere del fabbro». Menzione speciale a «Radici nella roccia» di Davide Bassanesi «per la capacità di ricreare la vita nelle miniere della attraverso le testimonianze dirette dei protagonisti».

Per la sezione Regione Lombardia, primo premio a «Progetto Life, Lanca di Soltarico» di Filippo Bertoli «per la capacità di valorizzare un'area di primario interesse faunistico e ittico da poco tornata al suo splendore originario». Secondo premio a «Il paradiso nell'Inferno di Carlo Limonta», «per il taglio naturalistico, la e l'accurata attenzione per i particolari faunistici che spesso passano inosservati agli occhi della gente»; una menzione speciale a «Le mura nella storia di Bergamo» di Riccardo Callioni «per la teatralità nel racconto della storia di Bergamo e dell'importanza storica che ebbe la costruzione della sua cinta muraria per la città». Infine, per l'Area internazionale, sono stati premiati con il Primo premio «Harvest moon» di Rob Frost e Stephan Siegrist (Svizzera) «per la bellezza e la cura delle riprese a reportage dell'importante impresa alpinistica per l'apertura di una nuova via di ascensione alla vetta del Thalay Sagar (India)». Secondo premio a «Il Selvadek e l'Annapurna» di Fabrizio Pianini (Italia), «per la capacità di trasmettere emozioni e stati d'animo dell'alpinista che affronta l'ascesa di una delle vette più difficili della catena himalayana». Terzo premio a «This cradle will rock» di Foroud Avazpour (Iran) «per la forza delle immagini che sanno dipingere un quadro familiare povero ma che è in grado di affrontare la tragedia con dignità e unione».

Due le menzioni speciali: a «Linking together» di Massimo Magnocavallo (Italia) «per il messaggio di forza e determinazione che il protagonista trasmette al pubblico. Un'impresa alpinistica e di vita di innegabile spessore ed intensità»; a «Trans» di Claudia Ruiz e Gijs Verkoulen (Olanda) «per la capacità di trasmettere in pochi minuti emozioni attraverso immagini, suoni, colori lungo il viaggio della linea Transiberiana, dall'altopiano russo alla Cina continentale». Questa seconda edizione del Festival è andata crescendo di sera in sera sia dal punto di vista dell'affluenza del pubblico che della qualità delle opere.

Ampia la partecipazione di prodotti nazionali e internazionali a scapito di quelli lombardi e locali, che denota forse la maggiore attenzione che questi temi (montagna, natura, ambiente, cultura) godono all'estero piuttosto che da noi. Per quanto riguarda i verdetti, la giuria ci è sembrata voler premiare lavori di taglio ecologico-naturalistico (ma, secondo noi, dall'estetica un po' naïf), che spingono per la valorizzazione degli ambienti naturali, e, dall'altro lato, lavori dal taglio un po' nostalgico. Temi peraltro prevalenti tra le opere presentate, poche delle quali (forse solo il bellissimo «Trans» o «Eppure erano pochi minuti fa») osavano affrontare linguaggi innovativi.

Andrea Frambrosi – L'Eco di Bergamo

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