Imprese in crescita, ma se ne vanno dalla montagna
Senza categoria Articolo letto da 1.538 utenti - Pubblicato il 12 Febbraio 2011Le valli si spopolano. Di imprese e non solo di abitanti. L'amara conferma arriva dal rapporto della Camera di Commercio di bergamo sull'apertura e chiusura di aziende. Già nel 2009 erano emerse criticità nelle valli. Allora però la stagnazione era diffusa, fatta eccezione per il Trevigliese. Il 2010 ha segnato una ripresa, ma non per la montagna che «conferma la tendenza al declino». A soffrire sono in particolare la Val brembana e la Val di Scalve: in tre anni la prima ha perso 68 imprese e la seconda 10. Qui la riduzione delle imprese attive è persino più intensa del calo della popolazione. Va da sé che lo sviluppo economico attrae popolazione e questa genera domanda di servizi. E alla pari vale il rapporto inverso.
Questo appare evidente nelle valli, sottolinea l'Osservatorio camerale. Anche se la val seriana, con un modesto incremento demografico, mostra una situazione stagnante delle imprese, fatto salvo «qualche spunto più positivo» nella zona di Ponte Nossa. Al contrario crescono, di abitanti e di imprese, gli ambiti di Treviglio, dalmine, Isola, Endine e Bergamo. Nel triennio 2008-2010, insieme alle zone di Telgate e Val Calepio, sono cresciute più della media provinciale, con variazioni positive tra più 2,7% e più 3,6%.
Le imprese aumentano in modo consistente in particolare nell'area dei 30 Comuni attorno a Bergamo, soprattutto in ambito terziario e direzionale, con 316 imprese attive guadagnate solo nel 2010: quasi il 60% dell'intero saldo provinciale che ammonta a 545 aziende. E ha portato lo stock a fine anno a quota 86.408.
Si cresce, ma più lentamente
La base delle imprese iscritte a Registro, dunque, si allarga, anche se sembra confermata la tendenza di lungo periodo di un progressivo rallentamento della crescita, soprattutto «dell'insieme economicamente più significativo». Dal 2000, infatti, la crescita è sempre stata ben superiore al migliaio, fatto salvo il 2007 «fermatosi» a più 809. Dopo il calo di 6 unità del 2009 dettato dalla crisi, è tornato il segno più, ma con un saldo più che dimezzato rispetto a quelli del passato.
Le iscrizioni nell'anno sono state 6.452 (più 2,3% sul 2009) e le cessazioni 5.415 (meno 13,3%), che hanno portato il totale delle imprese registrate a 95.123. Il superamento della crisi si vede nella frenata netta delle chiusure.
L'aumento maggiore (più 3,2%) è delle società di capitale. Aumento analogo per le cooperative. Meno 0,4%, invece, per le società di persone e più 0,6% per le ditte individuali. Tra le 296 procedure concorsuali, 31 in più rispetto al 2009, la maggior parte riguarda manifatturiero ed edilizia con 86 pratiche e il 29% ciascuno del totale. Scioglimenti e liquidazioni sono stati invece 1.316, quasi 200 in meno rispetto al 2009, con una prevalenza del commercio (247, 19%) e dell'edilizia (214, 16%).
Artigianato in rosso
Resta negativo il saldo delle imprese artigiane: se ne sono perse 167, con un calo dello 0,5% a 33.822. La componente artigiana diminuisce in modo significativo e determina per intero il saldo negativo del manifatturiero (meno 144 imprese attive pari a meno 1,2%), dell'edilizia (meno 108, meno 0,5%) e dei trasporti (meno 22, meno 0,9%). Anche in questi comparti però le cessazioni calano. Nei trasporti le iscrizioni sono in lieve ripresa, mentre calano ancora nel manifatturiero e nell'edilizia.
Continuano ad aumentare invece le imprese nei servizi. Sono 109 in più (più 5,8%) quelle che si occupano di noleggio, agenzie viaggio e attività di supporto alle aziende come collocamento, vigilanza e pulizie. Tra gli incrementi maggiori figurano anche le 120 in più che si occupano di attività professionali, scientifiche e tecniche (più 3,8%). Crescono ancora le attività immobiliari (più 74, più 1,2%).
Silvana Galizzi – L'Eco di Bergamo
3 Risposta a “Imprese in crescita, ma se ne vanno dalla montagna”
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Inserito il 13 Febbraio 2011 alle ore 10:46 GMT+0100
Se le valli si spopolano che senso ha costruire seconde case in continuazione? Quando le prime sono chiuse? Non sarebbe meglio iniziare a fare una politica che incentiva la ristrutturazione?
La montagna non puo avere una vocazione di tipo industriale, vedi Lenna, le scelte politiche fatte fine anni 70/80 nelle Valli si sono rilevate totalmente sbagliate, adesso ci si ritrova senza imprese perchè delocalizzano o chiudono, ma nello stesso tempo anche con l’abbandono del territorio.
Altre regioni del Nord Italia, hanno fatto scelte che stanno pagando e pagheranno in futuro, hanno fatto della valorizzazione del territorio la loro economia, tutela dell’ambiente, agricoltura e turismo di qualità, chi vuole lavorare in fabbrica si sposta in città! Passare nella piana di Lenna, a Pradinarco, e vedere tutti i capannoni industriali chiusi ti fa capire che le Valli non hanno futuro,sia a livello occupazionale che demografico.
Inserito il 14 Febbraio 2011 alle ore 09:30 GMT+0100
Il fatto e’ che per le costruzioni nuove i comuni percepiscono i soldi degli oneri di urbanizzazione, per cui le amministrazioni preferiscono cosi’, per le ristrutturazioni no;per le industrie che se ne vanno vorrei dire che vista con gli occhi di 30\ 40 anni fa non era poi sbagliato far venire un po’ di industrie in valle incentivando il permanere delle persone anziche’ andare alla Falck ( vedasi piana di Lenna ), poi gli eventi sono sensibilmente cambiati , dal 1986 si sono aperte le frontiere dell’est Europa , i costi di manodopera e i trasporti hanno solo successivamente penalizzato queste aziende che ormai da alcuni anni se ne vanno.
Resta il turismo per il quale non abbiamo la testa adatta, abituati come siamo alla nostra crapa dura e con un territorio oramai abbandonato e spopolato…..
Quel po’ di turismo che abbiamo mi risulta orami che stia chiamando manodopera da altre parti d’Italia o dall’estero, i nostri non vogliono fare le “stagioni” a San Simone O Foppolo….quei pochi giovani rimasti sono o laureati o diplomati e non pochi andranno via dalla valle nei prossimi anni..
Inserito il 14 Febbraio 2011 alle ore 22:32 GMT+0100
Be’, anche se ristrutturi una stall o un fienile e lo converti a civile abitazione gli oneri di urbanizzazione sono comunque dovuti… magari non lo fossero…