cornalba_invernaleCornalba – Torna l'appuntamento con la commemorazione dei partigiani della Brigata Giustizia e Libertà “XXIV Maggio”. Come ogni anno, l'ultima domenica mattina di novembre, il comitato provinciale bergamasco dell'Anpi ricorda i rastrellamenti perpetrati dai nazifascisti in Valbrembana. Il programma delle iniziative di domenica 24 novembre prevede: alle 8,30 il ritrovo al Palazzetto dello Sport a in via Cesare Battisti, con la successiva partenza dell'autocolonna che, poi, salirà in valle. Lungo il percorso, si effettueranno alcune soste per omaggiare alcuni luoghi in cui i nazifascisti uccisero i partigiani, ovvero in prossimità delle lapidi di Zogno, Ambria, e Rosolo.

Si proseguirà in direzione Cornalba dove, alle 10 sarà celebrata la messa e alle 10,45 ci sarà la commemorazione con il discorso del partigiano Giuseppe Giupponi. Contestualmente, si svolgerà un omaggio alla lapide e l'intonazione di canti della Resistenza. Infine, alle 12 a la manifestazione si concluderà con l'omaggio alle tombe dei Caduti Russi, sempre uccisi per mano nazifascista. Breve storia dei massacri nazifascisti in Valbrembana contro la Brigata partigiana Giustizia e Libertà “XXIV Maggio”

Tra il 25 novembre e il 1 dicembre 1944 la brigata “XXIV Maggio” di Giustizia e Libertà, operante in Serina, subì due tragici rastrellamenti a Cornalba e nella zona limitrofa che segnarono per sempre la storia della piccola località. Poco prima dell'alba di sabato 25 novembre 1944 un reparto di una cinquantina di uomini della compagnia di Ordine Pubblico di Bergamo, guidata dal sanguinario comandante, capitano Aldo Resmini, risalì la con il preciso obiettivo di sorprendere la “XXIV Maggio” che aveva la sua base a Cornalba. Giunta all'altezza dell'abitato di Rosolo, la colonna, formata da due camion scoperti, muniti di mitragliatrici e mortai e da un'autoblinda, incrociò due autobus di linea che stavano scendendo verso Bergamo. I fascisti fermarono il primo, fecero scendere tutti i passeggeri a mani alzate ed iniziarono a perquisirli. Dopo pochi minuti sopraggiunse il secondo autobus, a bordo del quale si trovavano tre partigiani, due comandati per un servizio ed il terzo sulla via di casa per un permesso. I tre erano Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari. Quest'ultimo, appena si accorse della presenza dei rastrellatori, tentò di fuggire, slanciandosi dal veicolo mentre era ancora in moto; nel salto finì contro il parapetto della strada ferendosi a un ginocchio, ma riuscì ugualmente a scavalcare il muretto e a raggiungere il sottostante avvallamento, qui venne colpito a morte dalle raffiche dei mitra fascisti. Gli altri due vennero subito riconosciuti, uno era in possesso di una pistola, entrambi furono immediatamente giustiziati sul posto. Compiuta la strage, la colonna fascista riprese la marcia verso Cornalba, dividendosi in due gruppi: uno salì a piedi lungo la mulattiera che passa per Passoni, dove fu fermato un abitante che venne costretto a fare da guida ai rastrella tori verso Cornalba. Il grosso proseguì sugli automezzi, giunse a Serina ed effettuò un breve rastrellamento dopodiché proseguì a sua volta per Cornalba.

La notizia dell'imminente arrivo dei fascisti mise in allarme i partigiani e i giovani di Cornalba che iniziarono una fuga precipitosa e disordinata verso le pendici dell'Alben. Speravano di trovare via libera sulla sinistra del paese, ma furono bloccati da raffiche d'arma da fuoco del primo gruppo di rastrellatori provenienti da Serina che avevano piazzato una mitraglia su di un prato e una seconda sul campanile della chiesa. Anche coloro che cercavano di scappare sulla destra del paese furono bloccati, perché i fascisti, dopo aver occupato tutto l'abitato, piazzarono almeno due mortai e iniziarono a sparare sui fuggitivi. Proprio con un mortaio venne colpito mortalmente il comandante Giacomo Tiragallo e ferito gravemente un giovane 17enne di Cornalba, Luigi Cornetti, che fu poi finito a colpi di pistola. Intanto, sul lato sinistro del paese, con estrema difficoltà, riparandosi dietro le rocce e sfruttando la nebbia che calava dalla montagna, altri uomini in fuga tentarono di raggiungere i sentieri che conducevano verso la cima del monte Alben, ma furono investiti dalle raffiche di mitraglia che colpirono mortalmente Pietro Cornetti, fratello di Luigi, Battista Mancuso e Giuseppe Maffi. Mentre ancora si sparava in questa zone, non distante dal centro abitato, fu catturato il partigiano Franco Cortinovis che fu portato nella piazza del paese , brevemente interrogato, violentemente picchiato e poi barbaramente ucciso. Verso le 10 iniziò il rastrellamento nei prati, boschetti e cascine sopra il paese dove fu catturato Luigi Maver, che proveniva da Nembro in valle Seriana e poi due giovani di Cornalba, Egidio Bianchi e Luigi , nascosti in un cunicolo di roccia. Mentre questi stavano per essere interrogati, fu fermato poco lontano Callisto Sguazzi: riconosciuto partigiano fu giustiziato da un tenente fascista.

Il paese intanto era in preda al terrore: furono perquisite varie case, si minacciarono distruzioni e stragi, fu fatta saltare la cabina elettrica, poi, verso mezzogiorno, la colonna lasciò Cornalba con i prigionieri Egidio e Giovanni Bianchi e Luigi Maver che si aggiunsero a Lorenzo Carrara, catturato in precedenza a Serina. A Bergamo questi ultimi verranno riconosciuti amici e collaboratori dei partigiani, brutalmente torturati nella caserma dai fascisti e incarcerati a Sant'Agata.

Prima di lasciare la Val Serina, Resmini si fermò al Municipio di Algua e minacciò personalmente il podestà e il curato di Trafficanti, prospettando nuove azioni di rastrellamento. Intanto a Cornalba iniziò la pietosa raccolta di cadaveri: le salme furono composte nella camera mortuaria del cimitero. Il 28 novembre, malgrado l'ordine delle autorità fasciste che avevano vietato ogni cerimonia e imposto la fossa comune, il paese tributò l'estremo saluto alle giovani vittime, alla presenza dei partigiani scampati alla strage.

Una settimana dopo questi tragici fatti, il 1 dicembre, si ebbe una nuova azione di rastrellamento, condotta da un reparto della Scuola forestale di San Pellegrino che interessò la zona dell'Alben. Gli assalitori raggiunsero la zona da due diverse direzioni: u gruppo si portò a Dossena e da lì si diresse verso Serina, occupando i dintorni del passo della Crocetta, l'altro salì lungo la strada di Ambria. I primi, arrivati in prossimità della Crocetta, vennero notati da tre partigiani che aprirono il fuoco contro di loro, riuscendo a ferire un milite; l'immediata reazione della Forestale causò la morte dell'ex carabiniere Celestino Gervasoni, mentre i suoi due compagni riuscirono a porsi in salvo. Intanto a Serina era arrivato l'altro gruppo di rastrellatori, che si diresse immediatamente verso l'Alben e, come seguendo un piano prestabilito, raggiunse una che fungeva da magazzino per i viveri e l'equipaggiamento della “XXIV Maggio”. A guardia della baita Cascinetto stavano cinque partigiani, quattro russi ed il 17enne Mario Ghirlandetti. Nell'attacco rimasero uccisi il Ghirlandetti e i russi Angelo, Carlo e Michele, gravemente ferito, fu catturato e trasportato a Serina dove, in seguito, venne tratto in salvo da alcune del paese e poi curato e tenuto nascosto fino alla liberazione in casa di Serafino Cortinovis.

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