Due suicidi nell’inchiesta-bufera sui carabinieri di Zogno
Senza categoria Articolo letto da 1.848 utenti - Pubblicato il 13 Novembre 2012Zogno – Due persone che si tolgono la vita legate da un sottile filo rosso: erano indagate nella stessa inchiesta. Quella della procura di bergamo che ha travolto l'Arma di zogno (arrivando fino alla Compagnia di Bergamo), imprenditori e infermieri, e che sta lievitando con più di 50 persone sotto accusa. Forse è solo una coincidenza, ma la circostanza è inquietante. Il 25 novembre del 2010 il brigadiere Pierluigi Gambirasio si spara con la pistola d'ordinanza, nel suo ufficio, a Zogno. Domenica scorsa un'altra morte, quella di Silvana Sonzogni, 44 anni, imprenditrice edile. Un nome noto, il suo, in valle brembana. Conosciuta per la sua grinta e il carattere forte, nel 2004 si era candidata a sindaco di Zogno e nel 2009 era nella lista dei nominativi proposti dal Popolo della Libertà per le elezioni provinciali.
Succede all'ora di pranzo, quando la donna è attesa dalla madre che vive nella casa accanto alla sua, in via Campelmè, a Zogno. Ritarda, la madre la chiama sul cellulare ma il telefono squilla a vuoto. Poi il ritrovamento, sulla scala tra il primo piano e la mansarda. Ad aprire la porta è il compagno della donna, il capitano dei carabinieri Filippo Bentivogli. Ex comandante della Compagnia di Zogno, è indagato nella stessa inchiesta e ora lavora a milano. «Sì, l'ho trovata io – conferma l'ufficiale, un filo di voce al telefono -. Sono svuotato, in questo momento non so che cosa dire, voglio solo stare vicino alla famiglia».
La donna era preoccupata perché sotto indagine? Fonti investigative lo escludono, perché la sua era una posizione marginale. Conoscenti che preferiscono non comparire confermano: lei, presa da mille faccende, non aveva mai manifestato di sentirsi pressata da questa vicenda. Aveva problemi economici? Altra motivazione da escludere. Risulta che l'impresa edile di famiglia non sia stata travolta dalla crisi economica. Il suo gesto pare quindi senza spiegazione. La donna non ha lasciato un biglietto d'addio. O, almeno, non è stato trovato. Sono state invece rinvenute delle disposizioni, una sorta di testamento per la figlia e per gli altri suoi cari: «Per quando non ci sarò più», aveva scritto. Ma potrebbero risalire a tempo fa, quindi non sarebbero indicative della volontà di togliersi la vita. «Faceva parte del mio gruppo, la vedevo ed eravamo amici. A me sembrava una donna serena – dice il senatore Valerio Carrara-. Era una brava imprenditrice e una persona leale. Non mi sarei mai aspettato un gesto simile». Eppure, i segni trovati sul collo, indicano un suicidio. Per sanare ogni dubbio, il pubblico ministero ha comunque disposto l'autopsia per mercoledì.
Nell'inchiesta-bufera sono indagati carabinieri, infermieri, dipendenti di società private, imprenditori. Le ipotesi di reato vanno dalla rivelazione del segreto d'ufficio alla corruzione. Tutto era partito nei primi mesi del 2010 dalla denuncia di un uomo. Ricoverato per un incidente stradale, una volta dimesso era stato contattato da una società che si occupa di ottenere i risarcimenti dalle assicurazioni. Chi gli parlava al telefono conosceva tutti i suoi dati. Un'invasione della vita personale che il contattato non ha tollerato. Da lì l'inchiesta che, basata sulle intercettazioni telefoniche, ha aperto scenari a catena. Infermieri che avrebbero passato informazioni sui ricoverati per incidenti stradali ad alcune ditte come quella che aveva contattato quell'uomo. E ancora, contravvenzioni stradali mai approdate in prefettura e notizie riservate passate a imprenditori.
Giuliana Ubbiali – Il Corriere della Sera – Bergamo e Provincia
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