San Giovanni Bianco – Con la chiusura, da oggi, dello storico albergo «Aia», a si chiude simbolicamente un'epoca. L'epoca di un turismo che non c'è più, per decenni alimentato soprattutto dalla stagione d'oro di San . Ancora fino agli Anni '70 il paese di Arlecchino contava sette e una decina di ristoranti. Poi il lento declino, in contemporanea con lo spegnersi della stella di San Pellegrino, la chiusura degli storici della stazione termale e il venir meno dei villeggianti. A San Giovanni Bianco solo lo storico albergo «Aia», nei pressi della Corna Albana, lungo la strada per Roncaglia e la Taleggio, aveva resistito ai colpi della crisi turistico-alberghiera.

Restano B&B e agriturismi
Ma ora anche l'ultimo gestore, in pensione, ha gettato la spugna, senza alcuno che prenda in mano la sua eredità. La struttura è in vendita o in affitto da tempo, ma senza esito. San Giovanni Bianco, dunque, senza più nessun albergo, seppure in paese, negli ultimi anni siano comunque sorte altre tipologie di alloggio, dai bed and breakfast agli agriturismi. L'albergo-ristorante resterà chiuso dopo oltre 150 anni di attività, gli ultimi 26 anni dei quali gestiti dalla famiglia di Mosè Bonzi. «Ma speriamo non sia una cosa definitiva – dice il proprietario Gigi Bonzi, cugino di Mosè –. Ci auguriamo che qualcuno si faccia avanti per prendere in affitto o acquistare l'attività, perché con una storia così lunga alle spalle è triste prendere consapevolezza che questo lavoro, che si tramanda di generazione in generazione, finisca così».

L'albergo «Aia» sorge in pieno centro di San Giovanni Bianco e prende il nome dalla via dove sorgeva (in seguito intitolata al partigiano Giuseppe Signori), ed esiste almeno da prima del 1850. «Probabilmente ha l'età del casato Bonzi – continua Gigi –. Di certo so che il nonno, nato nel 1841, lo ha gestito fino a quando è subentrato mio papà. Poi lo ha rilevato mia sorella e infine mio cugino Mosè, che lo aveva in gestione dal 1986. Inizialmente era locanda e macelleria, poi è stato trasformato in albergo e ristorante».

Quella degli albergatori è una passione che si tramanda nella famiglia Bonzi: lo stesso Gigi ha aperto e gestito un albergo a Diano Marina, sulla riviera ligure, e il nipote, figlio di Mosè, è cuoco. «Il periodo di maggior affluenza – continua Bonzi – è stato a mio avviso quello tra gli Anni '50 e '60: c'era il treno che raggiungeva la valle e tante famiglie non possedevano ancora un mezzo proprio. Inoltre, la fortuna dell'albergo sono state le aziende: finché c'erano, tanti ospiti erano tecnici di manutenzione e operai che si dovevano fermare a San Giovanni Bianco e nei dintorni».

Dalla Duse all'Europa
«Chiudere dopo 26 anni dispiace davvero tanto – racconta Moira Bonzi, che con papà Mosè, mamma e il fratello Nicola, ha gestito fino a ieri l'albergo –. È un dispiacere perché avevamo ancora tanti clienti affezionati, perlopiù anziani. Spesso si trattava di parenti dei pazienti dell'ospedale. A suo tempo abbiamo ospitato anche gli sfollati del Villaggio, dopo la frana di Briolo, e chi ha vissuto con noi torna spesso a trovarci. Negli ultimi tempi abbiamo avuto tanti stranieri, e grazie anche all'aeroporto di al Serio arrivavano da Francia, Svizzera, Germania, ma anche Lettonia, Brasile, Cuba e Cina».

Lontani, ormai lontanissimi – era il 1887 – i tempi in cui a San Giovanni Bianco soggiornarono persino Duse e Arrigo Boito, in una casa-albergo poi demolita nel 1996, dove ora c'è il market Pellicano. Così, come accadde in passato, San Giovanni Bianco, ora, resta in attesa della rinascita turistica di San Pellegrino.

Silvia Salvi – L'Eco di