Alessandro Gherardi sulle orme del padre Angelo
Senza categoria Articolo letto da 1.515 utenti - Pubblicato il 8 Maggio 2009Quell'impresa scialpinistica nel 1971 di suo padre Angelo l'ha sognata fin da ragazzo: attraversare le orobie, dal Pizzo dei Tre Signori all'Aprica, in valtellina, lungo un percorso di cento chilometri tra vette, creste innevate e passi, senza mai scendere sotto i 1.400 metri, senza vedere nessuno, con soli 30 chili di zaino, i propri sci e il proprio sogno. Nel cuore e nelle mente c'è sempre stato il desiderio di fare come papà Angelo Gherardi, la prima grande guida scialpinistica bergamasca, a cui è intitolato l'omonimo rifugio ai Piani d'Alben, in val taleggio: per la prima volta nel 1971, in nove giorni, con Franco Maestrini e Giuliano Bellavite, poi nell'aprile 1974, in una settimana, col francese Jean Paul Zuanon, attraversò le Orobie con gli sci. Gherardi, poi, morirà nel dicembre dello stesso anno, sul Cornostella, sopra foppolo.
Da oggi, Alessandro, 36 anni, di Zogno, può iniziare a cullare quel sogno. Insieme alla fidanzata Daniela Panzeri, 32 anni, di Lecco, tenterà l'impresa che fu del padre e che, da allora – stando alla letteratura alpinistica – sarebbe stata replicata solo nel 1980 da sette scialpinisti guidati da Maestrini di Clusone. Alessandro, camionista e istruttore di kayak in Val Brembana, e Daniela, commessa in un supermarket, partiranno stamattina all'alba, verso i 2.554 metri del Pizzo dei Tre Signori (Ornica), seguendo, con pochissime varianti, quello che fu il percorso di Angelo Gherardi, tra Val Brembana, val seriana e Valtellina. Arriveranno, per passare la prima notte, alla Cantoniera di San Marco (in questo periodo chiusa) oppure nei pressi del lago di Pescegallo, a Gerola Alta. Da qui proseguiranno per le baite d'Orta, i 2.108 metri del passo Tartano sopra Valleve e, quindi, dal passo Dordona e dal monte Toro, in Valcervia, sotto il Cornostella. Il terzo giorno raggiungeranno la diga del passo Venina, nell'omonima valle, sul versante valtellinese delle Orobie, mentre domenica dovrebbero arrivare, tramite il passo del Forcellino e la valle di Vedello, al bivacco Mambretti; quinta tappa saranno il passo di Porola, sempre in Valtellina, con i suoi 2.880 metri il punto più alto del percorso, e il rifugio Coca, a Valbondione; ultimo giorno, attraverso la Bocchetta dei Camosci, si arriverà al rifugio Curò e al lago del Barbellino per scendere al passo di Caronella, a Carona di Teglio, in Valtellina, a due passi dall'Aprica, dopo circa 92 chilometri di percorso e diecimila metri di dislivello (in alto, l'itinerario disegnato da Stefano Torriani).
«Partiamo consapevoli che la traversata non è impossibile, ma non sarà neppure facile – dice Alessandro -. In quota c'è ancora tantissima neve: solo pochi giorni fa, sulla Vedretta di Porola, ne è caduta oltre un metro e il pericolo di slavine è alto. Speriamo che nel giro di una settimana la nuova neve si sia assestata». La coppia di scialpinisti avrà con sé uno zaino di 15 chili, microtenda e sacchi a pelo per passare le eventuali notti all'addiaccio. Dormiranno in tenda, bivacchi o baite di fortuna mentre i rifornimenti alimentari sono già stati posizionati lungo le tappe. «Sperando che l'orso JJ5 non ce li abbia mangiati», dice sorridendo Alessandro. Che allo scialpinismo, peraltro, è arrivato tardi. «Casa mia è vicina al ponte Vecchio di Zogno, sul brembo – dice Alessandro -. E proprio perché, fin da ragazzo, vedevo sempre passare canoe sul fiume mi sono appassionato più al kayak. Ora dirigo tre scuole di canoe e, ad essere sincero, ancora oggi mi sento molto più sicuro su una barca che sugli sci». Poi, però, Alessandro inizia a conoscere gli alpinisti Simone Moro e Bruno Tassi, il «Camòs» di San Pellegrino, morto due anni fa in un incidente stradale.
E il nostro appassionato di canoe va al seguito delle loro spedizioni alpinistiche: nel 2000 e nel 2001, durante i tentativi di traversata Everest-Lhotse di Simone Moro, e nel 2003 alla conquista del Cerro Torre, in Patagonia, con Moro e Tassi. Rimanendo, però, al campo base e preoccupandosi della… cucina. Incomincia così a conoscere il mondo dell'alpinismo. «Fu Bruno a regalarmi i primi sci – ricorda -. Diceva che uno come me non poteva non saper sciare». Alessandro inizia a frequentare le nostre montagne innevate e impara velocemente. E ora è arrivato il momento di tentare l'impresa del padre, quel padre appena conosciuto, visto che morì quando lui aveva un anno e otto mesi. «Non mi reputo certo alla sua altezza – dice – ma voglio cercare di onorare la sua memoria e la sua impresa.
Dopo di lui solo altri sette scialpinisti, insieme, hanno tentato e sono riusciti a compiere la traversata completa delle Orobie. Ormai sono trent'anni che più nessuno ci prova. Ed è un peccato: tanti, oggi, cercano le spedizioni scialpinistiche alla moda, in Cina o su un affollatissimo monte Bianco. La nostra traversata sulle Orobie, invece, sarà in completa solitudine, a parte, forse, l'incontro con qualche guardiano delle dighe. Oggi non siamo più capaci di sognare, io voglio provare a realizzare un sogno che ho fin da ragazzo. Nel ricordo di mio padre».
Giovanni Ghisalberti – L'Eco di Bergamo
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