Vaslle – Mungitura a mano vera anima del contadino. Quella che ti consente una sostenibilità ambientale, di avere ancora un rapporto vivo con l'animale e valorizzare le piccole produzioni d'alpeggio, di qualità eccelsa. Nicolò Quarteroni, 20 anni, di , ne sa qualcosa. Sabato scorso, alla fiera di San Matteo aBranzi, mungendo dalla sua vacca Giardi, 10,7 litri di latte in tre minuti, ha letteralmente stracciato il record fissato nel libro dei Guinness (4,5 litri in due minuti). La mungitura a mano? «Non solo una passione. Anzi, soprattutto un antichissimo valore da tramandare, fatto di fatica e sacrificio», dice Nicolò, allevatore nell'azienda di papà , ma anche studente in Lettere. Perché non l'Agraria? «Perché la facoltà umanistica – dice – mi consente di comprendere il rapporto tra uomo e territorio».

Sostenibilità e giusto prezzo «La mungitura manuale – continua – ha due significati sostanziali: è la vera anima del contadino, quella che ti dà un rapporto reale col tuo animale. Per mungere occorre una mano esperta, decisa e delicata al tempo stesso, che la mucca sa riconoscere. Solo allora l'animale si concede, sta fermo. Diversamente si innervosisce e addio latte. Col mungitore si instaura una vera relazione: se cambia chi munge la vacca produce meno latte. Sterile, asettico, invece, è il rapporto tra un agricoltore e la mucca legata a una macchina». Secondo aspetto: la sostenibilità ambientale. «Se io mungo a mano ho un'ampia autonomia, posso far pascolare in posti difficili da raggiungere. E, senza carri elettrici, non ho bisogno di energia, se non quella delle mie mani. Riesco a far pascolare la mucca ovunque, non ho bisogno di far portare fieno e mangimi coi camion».

Certo, la tecnica manuale è forse impensabile nel mercato globalizzato e per gli allevamenti intensivi della pianura, dove una mucca arriva a produrre anche 50 litri di latte al giorno. «Vero – dice Nicolò – però quelle sono “macchine da guerra”, vacche alimentate a mangimi, gonfiate, con una vita media di due e tre anni. Dopo due lattazioni (un ciclo dura circa 300 giorni, ndr), infatti, sono destinate a diventare carne da macello». «Una volta tutte le vacche producevano molto meno – continua Quarteroni –.

Spesso non più di sei litri al giorno: poi sono arrivati mangimi e foraggi specifici. Un tempo la mungitura a mano era sostenibile anche da un punto di vista economico, oggi non più, almeno per le grandi produzioni». «Ma la tecnica manuale – continua – ha senso nei piccoli allevamenti come il mio. Ti permette di alimentare gli animali esclusivamente a erba e di avere latte e formaggi sani, di altissima qualità salutistica. Un sacrificio che va però valorizzato, anche con un giusto prezzo dei prodotti». E allora la sfida disputatasi a Branzi, al di là 'aspetto folcloristico, serve anche a questo. Ma come si fa a vincere?

«Tecnica e ritmo»
«Innanzitutto ci vuole tecnica, abbinata a ritmo e forza – dice l'allevatorestudente di Lenna – perché altrimenti la mucca fa fatica a rilasciare latte. Alla gara si partecipa in due, e anche i meriti vanno divisi: se io sono troppo nervoso, la mucca lo sente e si irrigidisce pure lei. Come è naturale che dia meno latte in prove di questo genere, dove c'è molta gente intorno che la innervosisce e viene munta lontano dal suo normale ambiente ». Nonostante ciò, a Quarteroni il record non è sfuggito. Addirittura, rispetto ai concorrenti, aveva una vacca di razza Bruna alpina che produce meno latte delle Pezzate rosse o delle Brown. «Una volta, quando si voleva disprezzare qualcuno – conclude Quarteroni – gli si diceva di andare a mungere. Il contadino viveva quasi una condizione di inferiorità. Oggi non può essere più così: chi fa questo mestiere non è certo sprovveduto, anzi va incentivato. Così si aiuta la . E chissà che qualche altro giovane segua la mia ».

Giovanni Ghisalberti – L'Eco di Bergamo