Val Serina – Troppo gravi le condizioni di Stefano Mangili, 45enne di Città Alta. Il Cai contro il giro di vite del governo. Non ce l'ha fatta Stefano Mangili, 45enne di Città Alta, lo scialpinista che era stato travolto domenica scorsa da una slavina in e in grave ipotermia. L'uomo, deceduto nella notte, era ricoverato nel reparto di Terapia Intensiva Cardiochirurgica del San Gerardo. Sul versante bellunese sono invece stati indagati per il reato di valanga colposa le due persone sopravvissute su un pendio di Cimon di Palatina, in località Alpago a causa del quale ha perso la vita Riccardo Quaroni, scialpinista di Arzene (Pordenone) di 50 anni.

L'ipotesi della magistratura è che il distacco della massa nevosa risultata mortale per Quaroni sia meccanicamente collegato alle sollecitazioni indotte poco prima dal passaggio degli stessi escursionisti, i quali non avrebbero anche tenuto conto del pericolo diffuso di valanghe segnalato nelle ore precedenti da più servizi di previsione meteorologica.

Sul giro di vite annunciato dal governo sulla sicurezza in vetta, interviene il Cai, Club alpino italiano. «La – dice il presidente generale del Club Alpino Italiano, Annibale Salsa – è uno spazio di libertà e non di coercizione, come tale comporta un elevato senso di responsabilità e abbisogna di conoscenza e competenza. Tutto ciò non può portare ad una regolamentazione totale della frequentazione perché questo comporterebbe uccidere la libertà di accesso che è uno dei capisaldi della frequentazione della montagna».

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