La trovata del Turoldo, cari prof, la gita ve la paghiamo noi
Senza categoria Articolo letto da 1.645 utenti - Pubblicato il 7 Ottobre 2010Zogno – Studenti sul piede di guerra alla scuola superiore «David Maria Turoldo» di zogno. Stavolta la colpa non è dei trasporti o della campanella dell'intervallo, troppo breve. Anche i docenti della scuola superiore brembana hanno deciso di non accompagnare i ragazzi alle gite scolastiche, come protesta contro la riforma Gelmini. Ma i ragazzi brembani non l'hanno presa bene o, comunque, non come i colleghi degli istituti superiori cittadini «Secco Suardo» o «Belotti», dove è già stato approvato dai docenti lo «sciopero delle gite», senza pesanti repliche da parte dei ragazzi. Al «Turoldo» hanno deciso invece di ribellarsi al sistema che, dicono, li penalizza. In alcuni casi propongono di pagare di tasca propria gli insegnanti, basta che la gita in un modo o nell'altro si faccia.
In alternativa, i rappresentanti d'istituto e diversi ragazzi della scuola vorrebbero effettuare gite autogestite senza docenti, organizzandosi autonomamente, assentandosi per uno o più giorni dalle lezioni. Non manca dunque lo spirito d'iniziativa ai circa 1.200 giovani che frequentano l'istituto superiore, come tiene a sottolineare Leonardo Valceschini di brembilla, a capo pure della lista studentesca «La scuola agli studenti» che concorrerà a breve alle elezioni dei rappresentanti d'istituto. «Molti di noi non manifesteranno domani in occasione dello sciopero nazionale contro la riforma della scuola. I docenti hanno utilizzato il pretesto delle gite per avere il nostro appoggio, ma non è la maniera corretta. Alcuni ragazzi sciopereranno solo per evitare un giorno di scuola».
Stesso pensiero pure per Marco Fornoni di oltre il colle: «Spiace che siamo sempre noi studenti a rimetterci, le gite sono uno dei momenti più attesi dell'anno scolastico. C'è chi è convinto che il taglio delle visite d'istruzione colpirà pure l'indotto economico». I docenti del «Turoldo» hanno approvato nel corso di un'assemblea sindacale, con larghissima maggioranza (solo tre contrari e otto astenuti), una mozione che prevede il «blocco dei viaggi d'istruzione». Invitano quindi i Consigli di classe a non inserire nella programmazione annuale le gite scolastiche più lunghe di un giorno, limitandosi a quelle ritenute strettamente necessarie per la qualificazione del curricolo, come spiega Antonino Neri, rappresentante sindacale al «Turoldo»: «Ci lamentiamo degli effetti che la manovra finanziaria e la riforma Gelmini hanno prodotto sulla scuola pubblica: una situazione insostenibile, tra cui il taglio della diaria per i docenti che accompagnano i ragazzi in gita».
«Ci siamo offerti di pagare noi studenti la gita ai professori – commentano Camilla Rota di Villa d'Almè e Giulia cattaneo di valleve –, ma non hanno accettato. Le gite sono un momento importante del percorso scolastico». Mentre Giuseppe Afric e Asia Gentili di San pellegrino sottolineano come «dal punto di vista di noi studenti è sbagliata l'adozione del blocco delle gite. Perdiamo un'occasione unica di confronto e socializzazione con altri coetanei». «Non sciopererò – aggiunge Jacopo Berlendis di Zogno –, è la protesta degli insegnanti, non degli studenti. Son convito che si possano adottare anche altre forme di confronto per ottenere buoni risultati». È indecisa invece Wisal Benlemlih di Zogno: «C'è parecchia confusione per lo sciopero di domani – conclude –, io mi confronterò con i compagni e poi deciderò».
L'Eco di Bergamo
2 Risposta a “La trovata del Turoldo, cari prof, la gita ve la paghiamo noi”
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Inserito il 10 Ottobre 2010 alle ore 22:11 GMT+0100
Gentile direttore,
le scrivo questa lettera a distanza di tre giorni dalla pubblicazione di un articolo sul suo giornale che mi ha profondamente indignata, perché se l’avessi fatto al momento della sua lettura i toni non sarebbero stati pacati. Mi riferisco all’articolo comparso a pag. 36 giovedì 7 ottobre 2010 dal titolo (che mi vergogno perfino a trascrivere): “La trovata del Turoldo «Cari prof, la gita ve la paghiamo noi»”. Passi, solo perché è un dato di fatto, che noi insegnanti siamo stati declassati nel riconoscimento sociale, professionalmente denigrati, lasciati soli a combattere a mani nude una battaglia in trincea nella stagione più drammatica della cultura italiana, ma che adesso siamo diventati anche dei morti di fame che per farsi un viaggio hanno bisogno dell’elemosina degli studenti, questo è veramente troppo! È un affronto che non posso e non voglio accettare.
Incomincio col farle presente che il termine “gita” da decenni non fa più parte del vocabolario scolastico. I docenti organizzano e accompagnano gli/le studenti nelle “Visite d’istruzione” con l’obiettivo già esplicito nella terminologia adottata. Personalmente ho votato nel Collegio dei docenti la mozione di non proporsi come accompagnatori nelle “Visite d’istruzione”, perché l’ho ritenuta una forma di protesta efficace contro la volontà (non dichiarata ma evidente nei fatti) di far morire la scuola pubblica, opponendomi all’altra mozione, quella di interrompere anche le “Visite didattiche”, perché si sarebbe andati proprio nella direzione di chi vuole affossare la scuola pubblica. Efficace perché il giro di soldi attorno a queste visite d’istruzione è elevatissimo. Basti sapere che le uscite arrivano a costare, per ogni studente, fino a un quarto del salario mensile di un operaio. Diverso è il discorso per le visite didattiche e per tutte quelle attività (teatro, laboratori, incontri con esperti, visite alle industrie, attività sportive, ecc.) che ogni istituto offre all’utenza per una migliore offerta formativa. Queste attività riconoscono gli istituti quali comunità culturali ed educative competitive sul territorio, concrete nell’innovazione e nella progettazione di una scuola più aderente ai tempi e ai bisogni dei cittadini e in grado di formare le future generazioni secondo i criteri di impegno e rigore professionale, di onestà, di integrità, di correttezza e di concorrenza leale.
Chiarito questo punto, voglio farle presente che chi le scrive è una docente che ha sempre accompagnato le proprie classi nelle visite d’istruzione anche dopo aver visto il pugno di uno studente entrare in una tela del ‘700; dopo aver visto pullman rovinati, camere d’albergo devastate; dopo aver organizzato turni di veglia notturna tra colleghi per impedire disgrazie di ogni tipo; dopo aver aiutato colleghi di altri istituti che si trovavano nello stesso albergo a recuperare studenti che camminavano sui cornicioni per passare attraverso le finestre da una camera all’altra in preda agli effetti di alcool, fumo, pasticche; dopo aver minacciato di denuncia le commesse di un autogrill se avessero venduto alcool a ragazzi minorenni; dopo aver ritirato alcool rubato dagli studenti negli autogrill ed agito di conseguenza secondo il mio buon senso. Potrei andare avanti ancora, ma il mio obiettivo non è quello di denigrare gli studenti. Tutte queste spiacevoli avventure mi sono comunque servite per aiutarli a migliorare partendo dagli errori; per aiutarli a crescere “spiriti liberi” che non vogliono annullarsi omologandosi nel nulla del “branco”, che per essere “normali” non devono costantemente imitare qualcuno, che non hanno difficoltà a pensare al futuro, che non hanno solo pensieri effimeri e superficiali, che hanno capacità di giudizio. Voglio solo fare presente a lei e a chi leggerà questa lettera che la “Riforma della Scuola Secondaria Superiore” è tutta sulle spalle dei docenti. Non solo di quelli coinvolti (e riconosciuti economicamente anche se in modo simbolico) nei vari progetti molto efficienti ma completamente inefficaci, ma soprattutto di tutti i docenti che ogni mattina combattono in prima linea con ragazzi demotivati, depressi, giovani che hanno bisogno di attenzioni e di presa in carico del loro esistere perché anche dalla famiglia spesso sono abbandonati a loro stessi; ragazzi inquieti, confusi, incerti, rabbiosi . incantevoli. Questi docenti sono oggi alle prese con una riforma che ha declina!
to le competenze delle figure che usciranno dai diversi Istituti, senza aver programmato e progettato nulla. Senza neanche porsi il problema che per far stare 28 ragazzotti in classe molti istituti hanno dovuto mettere dei banchini delle scuole elementari e su quelli farli disegnare con strumenti e tecniche “professionali”. Che anziché semplificare, come spesso abbiamo sentito dire, ha complicato. Mi basta citare come si chiama oggi la mia disciplina: “Tecnologie e tecniche di rappresentazione grafica”, che insegno negli Istituti Tecnici, Settore Tecnologico, Indirizzo: “Meccanico, Meccatronica e Energia”, “Costruzioni ambiente e territorio”, “Grafica e comunicazione” e negli “IeFP” che, attenzione, non sono gli Istituti Professionali con due Settori: “Settore Servizi” e “Settore industria e artigianato”e con due Indirizzi: “Produzioni industriali e artigianali” e “Manutenzione e assistenza tecnica” e non sono neanche i C.F.P. della Regione Lombardia, ma un ibrido fra i due. Riesco a rendere l’idea in quale caos siamo? Che bisogno c’è di avere tre ordini di Istituti per insegnare a fare l’elettricista? Forse è più importante la spartizione di potere e denari tra stato, regione e provincia? E intanto i docenti degli IeFP si stanno improvvisando esperti in programmazione per avere anche solo un minimo di coordinamento tra di loro che sia efficace nella preparazione dei ragazzi, perché sfido chiunque a trovare il programma di “Tecnologie e Tecniche di Rappresentazione grafica” da insegnare ai futuri elettricisti negli IeFP!
In ultimo voglio solo dire al giornalista autore dell’articolo quanto sono dispiaciuta per quel poco che gli è rimasto dei suoi anni di formazione scolastica: la gita. I casi sono due: o è stato molto sfortunato, o, per dirla da insegnante, “Nel corso del suo percorso scolastico lo studente ha mostrato limitato interesse e scarsa partecipazione alle attività didattiche”. Con tutto ciò, caro direttore, io pretendo le pubbliche scuse per essere stata considerata dal suo giornale non una docente che ha votato una forma di protesta con le nobili motivazioni sopra citate, ma una poveraccia che ha bisogno della colletta dei suoi studenti per andare in “gita”.
Cordiali saluti M. Cornelia Carlessi
Inserito il 11 Ottobre 2010 alle ore 15:16 GMT+0100
Se succede tutto questo durante le visite di istruzione era bene fermarsi prima senza aspettare di protestare contro la Gelmini.