La prova a rinascere con un fiore. Da due anni alcune famiglie, raccogliendo l'invito del vicariato e 'associazione Gente di , hanno iniziato a coltivare lo zafferano. Un esperimento che sta mettendo radici, tanto da gettare i semi di una nuova microeconomia su un territorio che più di altri è stato inaridito  dalla crisi. Tutto è partito dall'intuizione del vicario, don Alessandro Beghini. «Ci siamo chiesti che tipo di Chiesa vogliamo essere in questo tempo – spiega – . Non possiamo occuparci solo di liturgia, ma anche dei giovani che perdono il lavoro e abbandonano queste terre. Il mito dell'andare a far soldi in città è tramontato, occorre riscoprire alcune risorse e ricreare i legami perduti. Abbiamo incontrato gente di altre valli per capire quali soluzioni adottare. E abbiamo capito che servivano azioni concrete». Come acquistare dei bulbi e piantarli nel terreno. «Abbiamo scelto lo zafferano perché ci serviva un'idea originale, che suscitasse curiosità e facesse da catalizzatore». La gente ha cominciato a informarsi, cinque famiglie hanno iniziato la coltivazione su piccoli appezzamenti. Per partire basta un investimento di 150 euro, se va bene con il primo raccolto si già a coprire la spesa. Poi i bulbi si riproducono e i fiori aumentano. Lo zafferano rende fino a 40 euro al grammo, ne basta poco per racimolare un piccolo gruzzolo.

«All'inizio serve a mettere da parte qualche soldo, magari per comprare la bici alla figlia – spiega Davide Torri, presidente dell'associazione Gente di Montagna –, ma con l'attività può generare ricavi che integrano il reddito familiare. E così non si è costretti ad andare tutti a lavorare in città: almeno un membro della famiglia rimane sul territorio, contribuendo a rivitalizzarlo».

Oggi sono quindici le famiglie della che coltivano lo zafferano. Si incontrano ogni mese, si conoscono, si scambiano esperienze. «La gente ha iniziato a uscire di casa, ha rotto l'isolamento – spiega Torri –. È nato un gruppo su cui impostare ulteriori azioni. Come quella del gruppo di acquisto solidale. Compriamo farina, pasta e riso in un negozio della valle: ecco un'altra ricaduta positiva sul territorio». Da cosa nasce cosa: lo zafferano viene fornito a un panettiere di Branzi, che ogni sabato sforna un saporito e richiestissimo pane ‘giallo'. Ma i pregiati pistilli sono utilizzati anche come ingrediente dal birrificio Via Priula e da alcuni ristoranti. Da poco è nato il marchio dello zafferano ‘Olg': acronimo che sta per ‘Oltre la Goggia'. La ‘gògia', ago in dialetto, era una roccia che svettava all'altezza di , crollata con la costruzione delle gallerie. ‘Oltre' va letto in due sensi: «L'idea dello zafferano ha coinvolto i paesi da Lenna in su, ma si è estesa anche a valle. Anzi, ora c'è chi pianta i bulbi anche in Valle Imagna e Seriana. Il progetto è aperto e inclusivo ». Chi aderisce scopre un senso di appartenenza che gratifica, stimola e rafforza i rapporti sociali.

«Abbiamo acquistato in comune una speciale bilancia e la pesatura è diventato un vero rito – racconta don Alessandro –. Anche questo è un modo di condividere. Senza contare che dal confronto nascono nuove proposte: ora qualcuno sta iniziando a coltivare anche i frutti di bosco». Il gruppo sembra non fermarsi più. «Siamo stati anche a Friburgo e Monaco per studiare i quartieri a impatto zero: stiamo imparando nuovi modi di abitare e di custodire l'ambiente che ci è stato affidato». Lo stesso don Alessandro ha messo a disposizione alcuni terreni parrocchiali, l'ambizione è coinvolgere anche alcuni disoccupati. «Va sottolineata l'importanza della presenza femminile – rimarca Torri –. Sono state le donne, come spesso accade in montagna, il motore del progetto. All'inizio erano timide, ora vanno in giro a raccontare come si sta sviluppando l'attività ». La ‘rivoluzione' dello zafferano coinvolge tutti. Persino la politica. «I comuni stanno iniziando a sostenerci. I sindaci hanno 100 mila cose cui pensare, non ci si può aspettare che siano loro a lanciare queste iniziative – osserva don Alessandro – non si può delegare tutto alla politica. Il cristiano deve impegnarsi».

Dal quotidiano Avvenire