Cusio – Cima Grignone a Immissioni Zero
Senza categoria Articolo letto da 2.286 utenti - Pubblicato il 28 Agosto 2011Cusio – L'idea ci era venuta pochi giorni prima, ma pensandoci bene sembrava irrealizzabile data la lontananza della montagna. Avevamo già fatto diverse cime partendo da Cusio in bicicletta, ad esempio Pizzo Redorta e Pizzo del Diavolo, sempre in giornata; ma questa ci sembrava la più distante. La mattina di sabato, mentre tornavo dalla stalla, mi si presenta l'amico Silvio che mi dice: “allora andiamo?” Sono stato un po' titubante, perché la gita non l'avevo programmata, ma in certe occasioni non si può dire di no. Preparo lo zainetto e alle 8 iniziamo a pedalare diretti al colle della maddalena, la giornata si presentava stupenda e dal Colle si vede bene anche la vetta del Grignone; dico a Silvio: “sai che è un po' lontana?!”.
Dopo una breve discesa passiamo attraverso l'antico borgo del Cesur e ricominciamo a salire la strada sterrata passando ai piedi della valle d'Inferno, Colle Dudello e Pigolota, poi giù veloci verso valtorta. Lì ci aspetta un'altra salita che ci porta a Ceresola e poi in cima ai Piani di Bobbio…siamo ormai in Provincia di Lecco. La montagna ci appare enorme davanti a noi e anche un po' più vicina. Iniziamo la discesa che ci porta a Barzio, molto lunga e ripida con un fondo molto sconnesso (questa al ritorno, salendo, ci farà sudare molto). Arrivati a Barzio facciamo la scorta d'acqua nel bel centro paese, in una fontana antica, e ci dirigiamo con le nostre biciclette verso Pasturo, dove con una lunga salita, ma bella e regolare, arriviamo alle 11.50 in località Pialeral (1.400 metri). Siamo ai piedi della Grigna, mangiamo qualcosa e ci incamminiamo verso la vetta, non prima di aver cambiato le scarpe. Il tempo è stupendo, tra la gente che scende noi invece di buon passo saliamo lungo la via normale e alle 13.05 siamo in vetta al Grignone. Ci incamminiamo verso la discesa sul sentiero invernale che ci porta dritti dove avevamo lasciato le nostre biciclette.
Di nuovo cambio scarpe e giù in picchiata per la lunga discesa che ci riporta a Pasturo; da lì percorriamo un tratto di statale fino al bivio per Barzio, dove ci fermiamo cinque minuti a mangiare un buon gelato e a riempire le borracce. Arrivati al piazzale della cabinovia, inizia la strada sterrata che porta ai Piani di Bobbio: all'inizio, per circa due chilometri, è una mulattiera con fondo di sassi tutti scomposti, le pendenze sono aspre (anche perché abbiamo già 3.000 metri di salita nelle gambe) e dico: “abbiamo sudato non poco!”. Ad un certo punto la strada spiana, ma è solo una illusione: le pendenze si fanno proibitive e non c'è altro da fare che scendere e spingere la bici… questo avviene per tre/quattro volte.
Pedalata dopo pedalata arriviamo in cima ai Piani di Bobbio abbastanza provati, indossiamo le mantelline e via verso Ceresola, dove ci gustiamo un buon caffè, ma dopo pochi minuti ci rimettiamo di nuovo in sella. Giunti a Valtorta ci guardiamo negli occhi perché ci aspetta un'altra gatta da pelare: la temuta salita della Costa di Valtorta. Per consolarci dico a Silvio: “questa non è niente in confronto alla salita di Barzio!”; pedalando ancora bene arriviamo a Pigolota, dove iniziamo la discesa, e dopo dieci minuti circa arriviamo al Cesur di ornica.
Di nuovo cambio di rapporto per affrontare l'ultima salita che ci porta al Colle della Maddalena, e via in picchiata verso Cusio, dove è iniziata la nostra avventura. Sono le 18.30, stanchi ma contenti, dopo 93 kilometri di bicicletta, 4.800 metri di dislivello in salita e 2.30 ore di cammino. Felicissimi per aver terminato questa avventura, magari un po' folle ma originale e soprattutto rispettosa per l'ambiente.
Ezio Rovelli – Silvio Paleni – Tratto dall'Annuario C.A.I. Alta Valle brembana
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