Le Bésse de Brans da scarto di cagliata a prelibatezza

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Branzi – Un tempo erano scartate e date ai ragazzi, oppure rimesse nella cagliata. Ora si sono prese la rivincita e stanno diventando una prelibatezza da menu nei ristoranti di Branzi, ovviamente patria del formaggio «Branzi» e della polenta taragna. Parliamo de «Le Bésse de Brans», ovvero le rifilature della cagliata, gli scarti che si ricavano dalla forme tonde in legno, le cosiddette «fasere». Si ottengono quando il casaro depone e pressa appunto la cagliata appena tolta dalla caldaia. Costituite da latte, caglio, sale e fermenti, hanno forma allungata e un sapore diverso dal Branzi stagionato, seppure nascano dalla stessa «pasta». Messe in commercio da poche settimane dalla Latteria sociale di Branzi (cooperativa che produce Branzi Ftb) sembrano avere già conosciuto un buon successo.

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Il gelato bergamasco nasce a San Pellegrino e si fa con i biscotti

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San Pellegrino Terme e il suo biscotto fanno incetta di premi al concorso di Ascom dedicato al
«gelato artigianale del territorio bergamasco». La tradizione batte la sperimentazione e il tipico dolce della cittadina termale si impone, come ingrediente principe, su altre specialità orobiche come vini e formaggi, usati con coraggio dai gelatieri concorrenti ma non premiati dalla giuria. Prima e seconda classificata sono La Gelateria e la Pasticceria Bigio di San Pellegrino. I 31 partecipanti alla gara (gelatai di città e provincia e un gruppo di studenti degli istituti alberghieri) avevano avuto mandato di utilizzare solo prodotti del territorio bergamasco. Così Marco Mangili (salito sul primo gradino del podio) ha puntato su un «gusto classico, semplice, pulito» nato dall’unione della crema al fiordilatte con il biscotto brembano; mentre il Bigio ha affiancato al tradizionale frollino a mezzaluna, i mirtilli di Ornica e il latte d’asina.

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Addio Bottega e Stabello perde un po’ di storia

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A Stabello di Zogno  la saracinesca è abbassata, nel negozio sono rimaste poche cose: un frigorifero spento, qualche cassetta con gli ultimi prodotti e tanto spazio vuoto. L’unico nego- zio di alimentari a Stabello di Zogno, con il 2013, ha chiuso i battenti. Un negozio storico, aperto nel 1957 da Giovanna Ghisalberti per poi passare la gestione nel 1972 alla figlia Angela Rinaldi. Con l’anno nuovo la chiusura dell’unica attività commerciale della frazione di 500 residenti. Stabello perde un pezzo di storia, fatta di sacrifici e servizio alla comunità. Per quasi sessant’anni è stato punto di riferimento per casalinghe e famiglie, scrivendo la storia del piccolo paese. Si trattava di un negozio alla vecchia maniera, dove trovi di tutto, dai detersivi ai salumi, dalla pasta al filo per i rammendi, luogo di incontro e socia lizzazione.

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Orobie: una professione a fil di cielo

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Orobie – Qualche anno fa le guide alpine lombarde diffusero un video promozionale con questo titolo. Certamente affascinante il motto di un mestiere che può fare sognare: grandi spazi, sport, avventura. Ma la realtà è ben diversa e se c’è un luogo in cui il malessere delle guide si fa più sentire, questo è Bergamo. Ugo Pegurri, 49 anni, direttore della Scuola italiana di alpinismo, scialpinismo e arrampicata, che riunisce nove guide di Bergamo: «L’altra faccia del mestiere di guida sono la fatica, il rischio, i guadagni incerti, la precarietà professionale. Per mantenere mia moglie e i miei due figli sono costretto a fare altri lavori. Si chiamano lavori in quota o nel vuoto. Ci sono i disgaggi, quando si passano ore a far cadere macigni pericolanti dalle massicciate, o la posa delle reti sulle scarpate, un altro lavoro rischioso e molto faticoso. Mentre è bellissimo intervenire sulle opere d’arte. Le vedi da vicino, tocchi la materia di cui sono fatte».

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