Le origini della Valbrembana

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valli-orobicheNon è possibile trarre limpide conclusioni dalle attuali, seppur coerenti, supposizioni che delineano l’antica storia della nostra valle Brembana. Nonostante i ritrovamenti di antichissimi siti e gli accurati studi storiografici, ancora non è possibile trarre limpide conclusioni dalle attuali, seppur coerenti, supposizioni che delineano l’ antica storia della nostra valle. I notevoli studi eseguiti indicano che i primi insediamenti risalgono agli anni attorno al 402 d.C. Settantaquattro anni prima della deposizione dell’ ultimo imperatore Romolo Augusto, e della conseguente caduta dell’ Impero Romano d’ Occidente, prima i Goti di Alarico (402 d.C.), e poi gli Unni di Attila (482), diedero vita ai primi centri abitati. Già in quel remoto passato si pensa allo sviluppo della produzione di lana, resina, cera e cacio che alimentasse l’ economia di questi primi nuclei, tendenzialmente propensi alla pastorizia.

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Carlo Ceresa ritrattista della nobiltà

San Giovanni Bianco, _Storia e Leggende Non commentato »

quadroLa maggior parte delle sue opere a sfondo sacro si trovano in piccole chiese delle valli bergamasche. Nello stanco albeggiare del 20 gennaio, nel lontano 1609 San Giovanni Bianco accolse in seno alle montagne uno dei più grandi stendardi  dell’ arte pittorica vallare. E’ il caso di Carlo Ceresa, figlio di poveri calzolai che emigrarono dalla Valsassina in cerca di fortuna. L’infanzia dell’ artista fu divisa dalla durezza della realtà e dell’indigenza economica, edulcorate dal perpetuo sogno della fama pittorica. Formatosi come autodidatta, a vent’anni venne ingaggiato per affrescare le pareti delle chiese dei paesi limitrofi, e ciò gli valse l’ingresso nella bottega del pittore milanese Daniele Crispi. La formazione del Ceresa risentì fortemente delle caratteristiche della Scuola pittorica Lombarda, e poté fruire degli insegnamenti impartitigli dal maestro, grazie a cui riuscì ad affinare le innate abilità artistiche.

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Alberto (Naselli) Ganassa, ovvero Arlecchino

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230px-arlecchino_und_colombina_-_giovanni_domenico_ferrettiPersonaggi brembani di ieri, descritti tra storie vere e racconti popolari. Se la tradizione radicata nei costumi bergamaschi ha eretto ad emblema del Carnevale il pittoresco Arlecchino, la Commedia dell’arte affonda ben oltre i costumi orobici, collocando i Natali della maschera nel XI secolo, in Francia. Battezzato come Helloquin e nato, nella superstizione dell’epoca, come un diavolo condottiero di diavoli, presentando un’accezione esoterica assolutamente negativa. Alla rapida diffusione di Arlecchino nell’immaginario collettivo, segue una sterminata sequela di etimologie, che vogliono arrogarsi prepotentemente la natività dell’eroe della beffa. La lontana mitologia germanica lo riconosce, per esempio, come Erlonking, la critica letteraria, invece, lo riconduce al demone dantesco, il male branche Alichino.

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L’Oratorio di San Rocco a Caprile Alto di Santa Brigida

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Non poteva avere collocazione migliore il bell’Oratorio dedicato a San Rocco, così ben adagiato sul costone solitario che sale da Caprile Basso; i primi raggi del mattino lo inondano di luce e di calore anche nel periodo invernale quando il sole spunta dietro il Faino.

La sua posizione dominante e intermedia è sempre stata luogo di passaggio e di sosta degli alpeggiatori prima di raggiungere gli alti pascoli; ma era soprattutto un punto di osservazione sulle frazioni di Caprile Basso, Valmoresca, sui bei prati del Vidischì, di Piazza Serva, dei Grasselli e sul percorso della Via Mercatorum, importante via di collegamento con il Nord, da cui provenivano le antiche popolazioni celtiche stabilitesi nella Valle di Averara; da questo luogo si potevano quindi controllare anche i traffici ed i commerci di quei tempi. Non una crepa o fessura nei solidi muri di questo Oratorio, ben appoggiato su roccia; semplice ma austero, CONTINUA ARTICOLO »