I primi cittadini di e raccontano il loro rapporto con la montagna. Vita nei paesi in cui contano anche le poche coppie fertili rimaste. L'«albergo diffuso»: l'iniziativa di Ornica viene presa ad esempio anche dagli svedesi. «Quanti sono gli studenti delle medie del mio paese? Due: Lorenzo e Cristina». Questo è un paese piccolo: uno in cui gli iscritti alle medie sono così pochi che il sindaco (in questo caso di Vedeseta) li conosce per nome. Ma questo è anche un paese spopolato: uno in cui nella fascia di età delle scuole medie sono appunto rimasti solo in due. E dove lo stesso sindaco conosce anche il numero delle coppe fertili rimaste (sono sempre due).

La vita in un paese inerpicato in cima alle montagne ha dei vantaggi ma anche molti problemi, e per decidere di restarci bisogna crederci. «Io da 21 anni lavoro a , mi alzo alle 6,30 per arrivare in orario, e a volte nemmeno ci riesco, ma quando torno a casa mi rendo conto che non cambierei mai la mia vita – spiega Arrigoni -.

Non ho mai pensato di scappare, qui si vive bene, c'è tranquillità. Certo, c'è un solo bar, un negozio, la posta tre volte la settimana, il medico per un giorno, e per il cinema bisogna scendere a Villa d'Almè, ed è un evento eccezionale». «Ho 59 anni, e ricordo che di gente in paese non se n'è mai vista molta, perché gli uomini emigravano in Francia e le donne restavano a mandare avanti l'allevamento – ricorda il sindaco di Ornica Ambrogio Quarteroni -. Qui c'è tranquillità e aria buona, ma ci sono anche tanti problemi a trovare lavoro e i servizi sono precari. Proprio i servizi sono fondamentali: noi cerchiamo in tutti i modi di mantenere quelli essenziali, a partire dall'autobus tre volte al giorno». Problemi che spesso non sono facili da far capire: «Spesso chi parla della montagna non la vive – dice Arrigoni -. E non si rende conto dei problemi veri, non conosce i problemi che incontrano i nostri ragazzi anche solo per andare a scuola, con ore di autobus». «Facciamo una fatica enorme a far capire i nostri problemi – conferma Quartironi -.

E a far capire l'importanza che la cura del territorio garantita da chi vive in montagna riguarda tutti». «Non si vuole comprendere – aggiunge Arrigoni – che mantenere abitata la montagna significa anche curare tutto il territorio. Se ne accorgono soltanto quando poi ci sono le frane e le alluvioni, e ci vanno di mezzo anche quelli che vivono più in basso. La mia proposta per salvare la montagna è la defiscalizzazione, cioè offrire sconti sulla tassazione a chi resta a vivere qui. E poi bisogna salvaguardare i servizi».

Un esempio per tutti è l'Albergo diffuso, che ha trasformato il paese di Ornica in un unico agriturismo. «Il borgo stava morendo, il lavoro non c'era e bisognava inventarsi qualcosa», ricorda Graziana Regazzoni, che risponde al numero della reception. Così sedici donne hanno deciso che i dieci appartamenti di quattro case inutilizzate potevano, con la collaborazione del Comune, essere sistemati in modo da diventare un albergo. Gli ospiti arrivano, per soggiornare in zona e per partecipare alle tante manifestazioni che vengono organizzate durante la stagione, tutte legate alle caratteristiche del territorio: il 18 agosto, per esempio, si andrà alla riscoperta degli antichi mestieri per le vie del borgo. L'iniziativa di Ornica è diventata un esempio seguito in Italia e all'estero. «Certo, c'è la crisi e non è sempre tutto pieno – commenta Graziana Regazzoni -. Ma questo è l'unico modo per continuare a vivere in con le nostre famiglie. E non bisogna mai scoraggiarsi».

Fabio Paravisi – Il Corriere della sera