Piazza Brembana – Potremmo chiamarli formaggi no-global o antiomologazione. Da alcune settimane ufficialmente alleati e pronti a far nascere il primo distretto rurale riconosciuto dalla . Sono i produttori di Bitto Storico, Ftb, , Strachitunt, Stracchino all'antica e Agrì di . Uniti sotto un unico marchio di «Formaggi principi delle Orobie» e impegnati nella difesa della propria tipicità, contro appunto l'omologazione. Ora, a sostegno della loro causa e della loro origine comune orobica, c'è anche un libro autorevole, quello di Michele Corti, docente all'Università di Milano e già assessore regionale all'Agricoltura.

Il volume, dal titolo «I ribelli del Bitto», è stato presentato domenica mattina nella sala polivalente della biblioteca di , in un incontro promosso dal culturale della , presieduto da Tarcisio Bottani. La ricerca storica di Corti dimostra come nel corso dei secoli le Orobie, anziché motivo di divisione tra Valle Brembana e Valtellina, abbiano rappresentato per le comunità che le abitavano un forte elemento di coesione sociale, culturale ed economica. Un'unità sottolineata dagli scambi commerciali tra la Gerola e la Val Tartano da una parte e le valli bergamasche dall'altra. Con Branzi che per secoli fece da elemento catalizzatore dei produttori di formaggio. «Fino all'inizio del ‘900 – ha detto Corti – il formaggio conosciuto come Bitto veniva prodotto su ben 27 alpeggi (oggi solo su quattro, ndr) del versante bergamasco delle Orobie. A Branzi veniva venduto e a Bergamo si stagionava. Formai de mut, Branzi e Bitto per secoli hanno avuto una matrice comune».

Poi la produzione di Bitto è stata estesa inopportunamente a tutta la Valtellina. Da qui la «ribellione» dei produttori dell'area storica del Bitto oggi riuniti in consorzio, il solo a rispettare la produzione originaria (con latte di capra e senza integrazione alimentare agli animali). Produttori ora alleati con gli altri formaggi orobici nell'intento di creare un distretto rurale (e rappresentare, in tale settore, l'interlocutore principale per la Regione e per eventuali finanziamenti).

«No all'omologazione»
«Un distretto – ha detto Michele Corti – che, rispetto ad altri nella nostra regione, avrebbe la capacità di cogliere i legami profondi di questa terra. E un modello non basato sulla grande produzione ma sulla qualità di formaggi straordinari. Sarebbe veramente un progetto innovativo, di esempio per altri territori». «L'auspicio – ha aggiunto Francesco Maroni, del Consorzio Branzi Ftb – è che il distretto ci aiuti a evitare l'omologazione. L'obiettivo non è che tutti producano tutto, ma che la produzione venga il più possibile codificata per difendersi dalle imitazioni».