Un distretto per i formaggi no-global
Senza categoria Articolo letto da 1.386 utenti - Pubblicato il 22 Novembre 2011Piazza Brembana – Potremmo chiamarli formaggi no-global o antiomologazione. Da alcune settimane ufficialmente alleati e pronti a far nascere il primo distretto rurale riconosciuto dalla regione lombardia. Sono i produttori di Bitto Storico, branzi Ftb, formai de mut, Strachitunt, Stracchino all'antica e Agrì di valtorta. Uniti sotto un unico marchio di «Formaggi principi delle Orobie» e impegnati nella difesa della propria tipicità, contro appunto l'omologazione. Ora, a sostegno della loro causa e della loro origine comune orobica, c'è anche un libro autorevole, quello di Michele Corti, docente all'Università di Milano e già assessore regionale all'Agricoltura.
Il volume, dal titolo «I ribelli del Bitto», è stato presentato domenica mattina nella sala polivalente della biblioteca di piazza brembana, in un incontro promosso dal centro storico culturale della valle, presieduto da Tarcisio Bottani. La ricerca storica di Corti dimostra come nel corso dei secoli le Orobie, anziché motivo di divisione tra Valle Brembana e Valtellina, abbiano rappresentato per le comunità che le abitavano un forte elemento di coesione sociale, culturale ed economica. Un'unità sottolineata dagli scambi commerciali tra la val Gerola e la Val Tartano da una parte e le valli bergamasche dall'altra. Con Branzi che per secoli fece da elemento catalizzatore dei produttori di formaggio. «Fino all'inizio del ‘900 – ha detto Corti – il formaggio conosciuto come Bitto veniva prodotto su ben 27 alpeggi (oggi solo su quattro, ndr) del versante bergamasco delle Orobie. A Branzi veniva venduto e a Bergamo si stagionava. Formai de mut, Branzi e Bitto per secoli hanno avuto una matrice comune».
Poi la produzione di Bitto è stata estesa inopportunamente a tutta la Valtellina. Da qui la «ribellione» dei produttori dell'area storica del Bitto oggi riuniti in consorzio, il solo a rispettare la produzione originaria (con latte di capra e senza integrazione alimentare agli animali). Produttori ora alleati con gli altri formaggi orobici nell'intento di creare un distretto rurale (e rappresentare, in tale settore, l'interlocutore principale per la Regione e per eventuali finanziamenti).
«No all'omologazione»
«Un distretto – ha detto Michele Corti – che, rispetto ad altri nella nostra regione, avrebbe la capacità di cogliere i legami profondi di questa terra. E un modello non basato sulla grande produzione ma sulla qualità di formaggi straordinari. Sarebbe veramente un progetto innovativo, di esempio per altri territori». «L'auspicio – ha aggiunto Francesco Maroni, del Consorzio Branzi Ftb – è che il distretto ci aiuti a evitare l'omologazione. L'obiettivo non è che tutti producano tutto, ma che la produzione venga il più possibile codificata per difendersi dalle imitazioni».
Una risposta a “Un distretto per i formaggi no-global”
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Inserito il 23 Novembre 2011 alle ore 08:43 GMT+0100
se proprio dobbiamo dargli una definizione o degli aggettivi, questi nostri formaggi chiamiamoli “formaggi della tradizione ” o qualcosa di simile , non ” formaggi no – global”; quest’ultima definizione accomuna una cosa bella e buona ,con vandalismi metropolitani dei famigerati no-global, verso i quali i nostri formaggi non hanno proprio niente in comune.