cancervoL'allegra spedizione alla conquista delle due principali vette ad est della Val Taleggio è formata da me, Ivan, Andrea e Ugo: il gruppo è molto affiatato e rodato da mille .

La sveglia suona molto presto ma è normale per un'escursione invernale se si vuol tornare nel primo pomeriggio: evitando le ore più calde si scongiurano eventuali slavine, soprattutto in un inverno eccezionale come questo dove gli accumuli in quota superano i due metri e mezzo come da anni non succedeva.

Si parte dalla Pianca. La salita ha inizio su un bel sgombro da neve (sembra autunno). Meglio così! Ci scaldiamo i muscoli senza faticare troppo ben sapendo cosa ci aspetta.

Dopo una ventina di minuti ci fermiamo in una bella grotta che si trova sul sentiero e cogliamo l'occasione per toglierci la giacca: la fatica comincia a dare i sui effetti. D'ora in poi l'escursione entra nel vivo: nel canalone scorgiamo la prima neve, proseguiamo in aiutandoci con le catene anche perché la neve è a tratti dura con lastre di ghiaccio nei punti più soleggiati. A questo punto per non rischiare troppo incalzo i ramponi.

Dopo mezz'ora e avendo affrontato alcuni passaggi esposti, prima di scollinare ci voltiamo per ammirare il bellissimo panorama sotto i nostri piedi: è un mix di colori, il bianco della neve dai mille metri in su, la nebbiolina fine nelle conche verso la bassa valle e la pianura avvolta in un di nebbia; un paesaggio suggestivo ma è solo l'antipasto di quello che ammireremo poi. A questo punto scolliniamo sui bellissimi pascoli del Cancervo che sono sommersi da una coltre abbondante di neve (circa un metro e mezzo). È un vero spettacolo, via i ramponi su le ci divertiamo camminando sulla neve soffice fino alla Cancervo coperta dalla neve: sbuca solo il tetto. Ci fermiamo ad ammirare il panorama verso la Val e le Grigne, ne approfittiamo per rigenerarci con un buon tè caldo e un panino recuperando così le energie per attaccare la croce del Cancervo.

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Il Cancervo è una non eccezionale per altitudine ma molto panoramica. Una volta in vetta ci mettiamo in posa per la classica foto di rito e volgiamo lo sguardo a 360° sulle nostre belle Orobie, ci riprendiamo dalla fatica e poi giù di nuovo sulla neve soffice che a tratti ci fa addirittura planare come se stessimo facendo surf. In poco meno di venti minuti giungiamo al passo di Grialeggio dove è posto un Cristo in croce riparato da una stupenda casetta in legno. A questo punto dopo esserci ripresi dalla divertente discesa torniamo seri per l'ultima fatica della giornata: la salita al Venturosa, trecento metri di dislivello dove anche l'orario e il sole alto infieriscono sulla neve facendoci sprofondare.

Ma nulla può scalfire la voglia di raggiungere la vetta che toccheremo tre quarti d'ora più avanti affaticati, coi muscoli sempre più rigidi ma felici di aver raggiunto i 1999 metri della cima. Ora siamo veramente sul tetto della Val Taleggio, il basamento della croce non si vede nemmeno per la abbondante neve che lo ricopre; alziamo lo sguardo e ci soffermiamo a contemplare il panorama che ci circonda: la limpidezza della giornata fa sì che riusciamo a scorgere tutte le vette delle Orobie ma anche le Retiche, il gruppo del Rosa e addirittura il Cervino. Ora che ci siamo lustrati gli occhi non ci resta che tornare al passo di Grialeggio; prima però durante la discesa diamo un'occhiata alla Baita del Giacom sepolta sotto la neve. Arrivati al passo decidiamo di tornare alla Pianca dalla cosiddetta “strada égia” completando così un bel giro ad anello; scendendo verso la Baita della Vecchia non possiamo fare a meno di notare i danni causati dalle grosse valanghe che hanno scaricato nei giorni precedenti. Alle due del pomeriggio arriviamo alle auto stanchi, assetati, ma appagati dal bel giro fatto, dai panorami visti e dalla bella compagnia ma soprattutto dalle emozioni che la montagna in questi casi sa sempre regalare.

Davide Rho – Tratto dall'Annuario C.A.I. Alta Valle

REPORTAGE FOTOGRAFICO DELLA TRAVERSATA CANCERVO-VENTUROSA