Valtorta: Il diavolo e il minatore scalzano Arlecchino

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SONY DSCValtorta – Nel territorio lombardo non sono tuttavia molti i Carnevali che si possono definire «tradizionali», nel significato che a questo aggettivo viene attribuito dalla comunità scientifica e che è stato fatto proprio dall’Unesco e, recentemente, dalla Regione Lombardia con l’istituzione del Registro delle Eredità Immateriali (Reil) per la valorizzazione di beni e saperi che sono tuttora praticati e sono riconoscibili come prodotti della creatività di specifiche comunità locali, non riconducibili ai modelli della cultura di massa. Tra i sei Carnevali lombardi considerati di tradizione e inseriti nel REIL due sono in area bergamasca, entrambi in Valle Brembana, a Valtorta e Dossena.

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Valtorta impugna la forca, i diavoli escono dal bosco

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Valtorta – Niente Teletubbies, Pokemon o qualche altra strana forma televisiva. E neppure tante altre classiche maschere della tradizione, da Pulcinella ad Arlecchino, che forse, qui, invece, potrebbe avere motivo di rivivere. Il Carnevale di Valtorta da secoli è fatto del mondo fantastico del bosco, di diavoli, elfi, uomini selvatici che, una volta all’anno – anziché essere solo raccontati come una volta nelle stalle dalle mamme ai figli – si incarnano in misteriosi personaggi dai volti spesso inquietanti. È la mitologia medievale della montagna e del mondo contadino che, per un giorno (quest’anno il 25 febbraio), prende forma concreta. Ecco allora che per le strade compariranno magicamente i «furchetì» – figure demoniache con una forca in mano – altri personaggi con insolite maschere a cappuccio sormontate da corna, «ol diaol» e «l’homo selvadego ». Accanto a loro le figure della famiglia patriarcale rurale di un tempo: la «ègia» (nonna), il «vecio» (nonno), la «meda » (zitella) e «ol barba» (lo zio celibe).

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Le più antiche sculture della Valle Brembana

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Alcuni dei manufatti che si descriveranno in questo scritto sono già apparsi anni fa sul bimestrale Zogno Notizie in occasione dei loro ritrovamenti. Tuttavia poiché il loro rinvenimento è stato abbastanza diluito nel tempo e poiché spesso avveniva poco prima che la rivista andasse in stampa, oltre all’annuncio della scoperta non c’è mai stata la possibilità di pubblicare il risultato di indagini e di confronti con manufatti simili di territori vicini a quello brembano per cui non è mai stato possibile evidenziare la sostanziale unitarietà di contesto, di stile di fattura e di notevole antichità che li caratterizzano. Questa analisi si è resa possibile invece nell’ultimo lasso di tempo ed è parso interessante riportarne i risultati per apprezzare e comprendere meglio il significato e la funzione di queste opere. Da tempo immemorabile esistono sul sagrato della chiesa parrocchiale di Zogno due facce scolpite, in gergo locale chiamate maschere, che fanno da sostegno a due panchine di pietra: una è conservata piuttosto bene, l’altra è alquanto danneggiata nel naso. Una terza faccia in buono stato fu rinvenuta durante i lavori di ristrutturazione del sagrato sotto la guida dell’ex parroco di Zogno don Giulio Gabanelli nel 1972 e collocata ora nel Museo di S. Lorenzo di questo paese. I lineamenti dei tre visi, assai allungati e identici sono abbozzati in maniera essenziale per non dire schematica.

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La mascherata di Valtorta fa il pieno anche di turisti

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Valtorta – Folla delle grandi occasioni a Valtorta per il Carnevale ambrosiano. Un appuntamento che ha richiamato moltissima gente. Davvero tante e originali le maschere che hanno colorato il corteo, a cominciare da quelle tradizionali della vita di un tempo in montagna con i «mitologici» abitanti dei boschi. La mascherata è stata curata dall’Ecomuseo dell’Alta Valle Brembana che ha tra i suoi obiettivi il recupero e la valorizzazione delle tradizioni culturali e del folclore. La regia della manifestazione è stata curata dal presidente e sindaco di Valtorta Piero Busi.

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