Mungitura a mano Nicolò mondiale 10,7 litri in 3 minuti

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Fiera-Zootecnica-Branzi17Valle Brembana – Più forte della sua emozione, della paura di sbagliare e soprattutto più forte del Guinness dei primati. Letteralmentestracciato. Nicolò Quarteroni, 20 anni, di Lenna, è il re – a questo punto mondiale – della mungitura a mano delle vacche. Nella tradizionale sfida disputatasi ieri mattina alla Fiera di San Matteo a Branzi ha superato persino il primato mondiale: in tre minuti ha munto 10,7 chilogrammi di latte (pochissimo in meno, in termini di litri) «cancellando» l’attuale record, quello ufficiale, fissato sul sito guinnessworldrecords appartiene a un allevatore di Saluzzo (Cuneo) che nel maggio 2012 riuscì a mungere 4,5 litri in due minuti.

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Sfida tra cuochi a San Pellegrino, alloro a Trezzo

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San Pellegrino Terme – È Luca Mariani, 17 anni, di Trezzo, il vincitore della settima edizione del concorso gastronomico svoltosi all’Alberghiero di San Pellegrino e patrocinato dal Comprensorio venatorio alpino della Valle Brembana. La competizione ha coinvolto i cuochi provetti della scuola che si sono prodigati nella realizzazione di piatti a base di camoscio, tema di quest’anno. Nel corso del pomeriggio la sfida ai fornelli e le valutazioni della giuria e in serata l’incontro conviviale al quale hanno partecipato, numerosi cacciatori. Alla fine la giuria, composta dagli chef Emanuela Rossi del ristorante Corona di Branzi, Emilio Ronzoni del ristorante «Piazza Brembana», dal maître Amira (Associazione maître italiani ristoranti e alberghi) Maurizio Risi, dal grandmaître Francesco Tassi, da Tina Arrigoni del caseificio «CasArrigoni » di Peghera di Taleggio e da un rappresentante dal comprensorio alpino Flavio Galizzi, hanno decretato i vincitori: al primo posto Luca Mariani con il piatto «Lingotto di camoscio con salsa amarene, polenta allo Strachitunt dop, gelato alla zucca e crocchetta di lenticchie»; al secondo il duo Nicholas Sala di Sotto il Monte e Pietro D’Adda di Treviglio, al terzo un altro duo, composto da Elisa Cattaneo di Valbrembo e Sara Nova di Mapello (di 16 anni).

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Troppi insulti dal sindaco, mi dà del comunista, me ne vado dal Consiglio

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Valleve – Contro di me si usa la parola ‘comunista’ come un insulto: io non ci sto più e me ne vado dal Consiglio comunale”. Lo sfogo è di Eros Passera, ex consigliere comunale di Valleve, che ha rassegnato le proprie dimissioni al termine di una rovente seduta di Consiglio lo scorso 14 marzo: all’attacco del sindaco, “l’ennesimo, sia in aula che fuori”, Passera ha deciso di lasciare il proprio incarico e non solo. “Non ho mai nascosto le mie simpatie e i miei voti per la sinistra – ha commentato Passera – e nemmeno la mia tessera della Cgil ma la situazione è diventata insostenibile: all’interno del Consiglio non avevo libertà di esprimere serenamente il mio voto senza essere contestato o apostrofato come ‘comunista’, chiaramente con l’intenzione di insultarmi”.

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I maestri delle piöde dell’Alta Valle Brembana, fatica e arte

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Valle Brembana – Lavorano a cielo aperto, anche a più di 1.600 metri di altitudine, da oltre quattro secoli. E il 4 dicembre, giorno dedicato alla loro patrona Santa Barbara, segna anche il termine della stagione lavorativa. Sono i cavatori di ardesia dell’alta Valle Brembana, meglio conosciuti come i piöder. Attualmente sono attive quattro ditte e vi lavorano 47 dipendenti: a Branzi la cooperativa San Pantaleone (16 cavatori) e la Deca srl (7), mentre a Valleve la ditta Curti&Bianchi (10) e la cooperativa Ceav (14). La lavorazione dell’ardesia è tuttora eseguita a mano: l’abilità dei piöder sta in colpi decisi ma morbidi, portati sulle lastre di pietra con un martello a punta. «Per l’escavazione, da circa vent’anni si utilizzano macchinari all’avanguardia – racconta Angelo Cattaneo, 76 anni di Valleve, cavatore per 37 –, ma negli Anni Sessanta era un lavoro esclusivamente manuale: per fare un foro lungo tre metri nella roccia, per inserire poi l’esplosivo, ci impiegavamo una giornata. Il lavoro cominciava alle 6,30 e i primi anni, quando non c’era la strada di collegamento alla cava, si rimaneva lassù a dormire in una baracca tutta la settimana. Il lavoro era duro, ma ne ero innamorato».

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