Orobie – Nelle stesse paginate de l'Eco del 31 agosto in cui il presidente del stigmatizzava la polemica – a sua detta pretestuosa – sulla orobica sempre più Luna Park, il neo presidente del Parco dichiarava anche il suo incontenibile entusiasmo per il nuovo simbolo del Parco: l'orso. Un orso che nelle Orobie, nonostante il battage pubblicitario del Parco stesso, è – almeno per ora – una presenza “di transito”. Che merito ha il Parco per fregiarsene copiando il “copyright” del Parco Adamello Brenta o dell'Abruzzo che con l'orso hanno ben diverse implicazioni visto che nel bene e nel male lì l'orso non si è mai estinto? Una mossa di facciata che conferma la strategia della “foglia di fico”.

L'orso verrebbe nelle Orobie (secondo sindaci e Parco in coro) perché l'ambiente è “incontaminato”. Paiono dire: “Non rompeteci più con le vostre proteste contro la monocoltura delle villette a schiera low cost, contro enduro e quad scorazzanti, contro le gare di motocross benedette dal Parco, contro l'accanimento terapeutico nei confronti dell'industria della decotta, contro i fuochi d'artificio in alta montagna. Non vedete che l'orso «sceglie» le Orobie”. Già.

Ecoipocrisia
Il Parco ama l'orso quale simbolo astratto ma poi sostiene che una moto rombante ogni (non poi) tanto o un po' di fuochi d'artificio in alta montagna una volta l'anno non danno alcun fastidio alla fauna. Se è lecito nutrire dubbi sull'amore per la fauna del Parco a maggior ragione ci si può chiedere se esso ami l'uomo montanaro? Di certo non quello al quale l'orso, specie in primavera dopo il letargo, sbrana animali di ogni tipo quasi a domicilio, sin nelle piccole stalle prossime ai paesi. Idem i pastori, che devono moltiplicare gli sforzi per custodire le greggi. In realtà l'ambiente della montagna profondamente influenzato dalla presenza umana, e ben lontano dalla mitizzazione della “natura incontaminata”, è messo a repentaglio sia dal Luna Park motorizzato e spettacolarizzato che dal “ritorno della natura selvaggia” (a sua volta una forma di Luna Park naturalistico che trasforma in un grande parco faunistico all'aperto la montagna).

Il presidente del Parco delle Orobie vede nell'orso una di “attrazione”, di promozione del “turismo dell'orso”. Snobbano il turismo degli alpeggi, i bikers. le ciaspole, il turismo educativo e gastronomico si inventano il turismo dell'orso. Ignorano che in Trentino intorno agli orsi infuriano le polemiche, che la popolazione manifesta un crescente rifiuto per la invadente presenza dei plantigradi e che il mondo turistico si interroga se l'orso non possa diventare un boomerang. Ma l'orso è solo una foglia di fico. Che copre le vergogne della politica della “valorizzazione immobiliare”. E a questo giochetto non ci cascano più nemmeno gli ambientalisti (almeno quelli che lavorano sul territorio).

Tratto da Ruralpini di Michele Corti

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