Presidio ieri mattina all'esterno 'azienda che ha annunciato la chiusura. Tra i dipendenti domina la paura di trovarsi senza possibilità di ricollocarsi. È scesa in strada la rabbia dei lavoratori della Lavanderia Industriale Fontanella di San Pellegrino Terme. Ieri una quarantina di dipendenti dell'azienda che ha annunciato ai suoi clienti la cessazione dell'attività dal prossimo 1° settembre hanno organizzato un presidio all'esterno dell'azienda, nei pressi dello svincolo della variante di San per Dossena. Uno sciopero organizzato dai sindacati (erano presenti anche Simone Alloni, rappresentante della Fimca Cisl, Luigi Zambellini della Uilta-Uil e Fausto Mosca dei Cub) e che per qualche ora nella mattinata ha visto i lavoratori protestare con bandiere e striscioni contro la decisione dell'azienda di cessare l'attività.

A parlare, proprio gli striscioni: «Gli operai della Fontanella sono gli ultimi a sapere della chiusura! Prima i clienti, poi L'Eco, e noi quando?». E ancora: «Abbiamo fatto gli straordinari fino a ieri! Per chi e per cosa?».
Sonia Sonzogni ha 45 anni, è di San Pellegrino e da 14 lavora alla Fontanella. «Il mio è l'unico stipendio – dice – vivo sola con due figli, di 16 e 19 anni, come farò ora a sostenere il mutuo della casa? È quattro anni che lo sto pagando e senza il mio stipendio non saprei più come continuare. E poi è davvero un brutto modo quello con cui sono venuta a conoscenza della perdita del lavoro: tramite giornale.

È così che ho appreso che dal primo settembre rimarremo tutti senza lavoro. Un anno fa circa ci avevano accennato al fatto che c'erano problemi, ma non avevano specificato l'entità del problema e soprattutto che poteva esserci una chiusura totale. Il mio futuro ora è un punto di domanda: sinceramente non saprei come fare. Tanto più che è risaputo che anche qui in Valle Brembana c'è crisi occupazionale, di posti di lavoro non se ne trovano facilmente».

Situazione simile anche per Francantonio Bonaiti, 46 anni di San Pellegrino. «Sono sposato, ho un figlio di 16 anni e il mio è l'unico stipendio in casa – spiega -. Dopo 26 anni di attività alla Fontanella davvero non mi sarei aspettato di vivere un momento del genere, anche perché richiesta di lavoro c'è. È stato un fulmine a ciel sereno. Spero molto di continuare a lavorare qui, e quindi spero che la situazione evolva in . Mia moglie sta cercando un impiego ma qui in valle non ce n'è, chiudono tutti».

«Sono sposata e ho due figli. Mio marito è un lavoratore stagionale – racconta Roberta S., 36 anni di -. I bimbi sono piccoli, hanno 3 e 12 anni. Il mio stipendio in casa è fondamentale. La cosa più odiosa è che siamo venuti a conoscenza dei problemi della ditta per vie traverse: i clienti che hanno ricevuto la lettera ci chiedevano spiegazioni, ma noi non eravamo stati avvisati. La cosa ancor più negativa e deludente è che siamo venuti a conoscenza che c'era anche una data al termine del nostro lavoro tramite il giornale: insomma, non c'è mai stato dialogo con i nostri datori di lavoro, abbiamo avuto solo contatti con le Rsu e noi, che eravamo i diretti interessati dalle vicende che stava passando l'azienda, siamo stati gli ultimi ad esserne informati».

Norma Zuccali, 31 anni di Zogno: «Ho fatto la dipendente stagionale alla Fontanella per dieci anni, ho fatto sostituzioni di maternità e infortuni fino a un mese fa, quando sembrava esserci stata finalmente una svolta: mi hanno offerto il lavoro a tempo indeterminato. Ho firmato ed ero ben contenta, finalmente pensavo di poter allargare la famiglia e ora la stangata che mi ad aspettare ancora perché non si può fare un figlio se si ha un futuro incerto. Questo lavoro mi piace molto ed è vicino a casa, spero con tutto il cuore che la situazione si risolva al più presto perché avevo passione e perché altri non se ne trovano qui in valle. C'è da dire che nella sfortuna, forse, qualcosa di positivo posso vederlo: il fatto che mi abbiano assunta a tempo indeterminato anche solo un mese fa, mi permette quantomeno di beneficiare degli ammortizzatori sociali, che da stagionale non avrei avuto».

Silvia Salvi – L'Eco di Bergamo

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