Campo di Cicorie a BlelloLa cicoria del campo grande

Da quando abito a , ho scoperto che un prato può essere ricco come un supermercato se si sa cosa cercare. Conoscevo alcune erbe sui libri, altre le avevo viste nei mercati, ma non avevo mai veramente pensato di potermi nutrire con quello che la natura dona in tutte le stagioni. Devo questa scoperta fondamentale della mia vita alla mia amica Luigina. Lei è nata qui, ha sempre vissuto qui, si è sposata ed ha allevato i figli, andando a cercare erbe da quando era una bambinetta.  

La difficoltà più grande è capire di che erbe si tratta! Già, perché lei ne conosce i nomi in dialetto, e non è per nulla facile risalire al nome scientifico del cicurgnì, del brüch, del piatü… ho una fiducia cieca in lei, anche per quanto riguarda i : se lei mi dice che sono buoni, allora li raccolgo anche quando non li conosco. Ho messo la mia vita nelle sue mani, e ne sono stata ricompensata con una infinità di nuovi sapori.

Ad esempio nel campo grande crescono moltissime cicorie. Il nome scientifico è tarassaco, è una pianta che tutti conoscono, fa fiori gialli che vengono chiamati pissalett, pisacan, ecc. e quando sfiorisce forma palline di piumini che i bambini si divertono a soffiare in giro. Ho iniziato a raccogliere le tenere rosette della cicoria in primavera, per mangiarla in insalata, e con ho approfondito la conoscenza di questa umile e fondamentale pianticella. Quando le foglie sono un po' più grandi e coriacee le raccolgo per farle bollire, poi si mangiano o in insalata, o saltate con aglio e olio, o ancora con burro e formaggio, come gli spinaci. E quando le foglie sono diventate più grandi, alcune addirittura arrivano alle dimensioni delle bietole, si possono raccogliere, sbollentare e usare per fare involtini ripieni di pangrattato e formaggio, o carne, a piacere. Ma non basta. I boccioli chiusi sono ottimi se raccolti e sbollentati in vino e aceto, poi messi sott'olio, come i capperi.

Questa novità, sconosciuta in , è stata provata prima dalla Luigina, poi da altre signore, e ormai tutte le donne che raccolgono i boccioli di tarassaco li chiamano i capperi della signora delle erbe. Quest'anno ho sperimentato altre due ricette. Con i fiori gialli del tarassaco ho provato a fare una composta: ho raccolto un bel cesto di capolini dorati, ho tolto la parte verde sottostante, che poteva essere amara, poi li ho messi a bollire con un poco d'acqua e lo zucchero: ne è risultata una sorta di marmellata dal sapore indefinibile e affascinante. E a settembre ho raccolto la radice del tarassaco, scavando con uno zappino per non romperla. Alcune le ho ben pulite e fatte seccare, poi le ho date a mia suocera, che le usa per tisane depurative e diuretiche, mentre altre le ho un po' pestate e le ho messe in infusione nella grappa. Quando il marito della mia amica ha assaggiato, con circospezione e diffidenza, lo strano intruglio, aveva una espressione severa sul viso. E quando ha sorriso ho compreso che ancora una volta la signora delle erbe era stata all'altezza della sua fama. Allora ho sorriso io, perché non ho davvero inventato nulla: ho semplicemente recuperato ricette della tradizione contadina dimenticate da qualche centinaio di anni. Nihil novi sub sole. Per fortuna.