Si tratta di manifestazione antichissima, forse addirittura legata ai tempi precristiani, certamente al profondo secolare connubio tra ritmo dei mesi e delle stagioni e la vita della gente della , dedita, come tutte le comunità di montagna, quasi in esclusiva alle attività di carattere agrosilvopastorale. La fine di gennaio, (per altri era quella di febbraio) in quel contesto era vissuta come la fine 'incubo, l'uscita dal tempo del freddo e del buio, l'avvicinarsi del tempo del tepore, della luce, del ritorno al lavoro dei campi e del bosco, alla vita. “Lè fò Génèr, lè scià fevrèr“, andavano urlando un tempo i ragazzi, percorrendo le viuzze del paese e le mulattiere che collegavano una contrada all'altra.

Per farsi sentire, e per cacciare con più forza il freddo e accelerare l'arrivo di febbraio, accompagnavano il grido con strepiti, ricavati dai campanacci o, semplicemente, da recipienti di latta battuti con un bel bastone. La gente gradiva e riservava all'allegra compagnia caramelle e dolci casarecci ( turtéi e saltansö).

La tradizione non è andata persa, ma si è radicata anche nelle nuove generazioni e ogni anno, organizzata spontaneamente e con il sostegno di alcune associazioni locali, si rinnova, con uguale allegria, con la stessa invocazione, con lo stesso chiasso anche se con qualche marginale elemento di innovazione.

Per la serata della “Cacciata”, anche quest'anno, è previsto il ritrovo a Olda alle ore 21 di domenica 31 di tutti i partecipanti, grandi e piccini, alla cacciata suddivisi in gruppi che partono rispettivamente da Reggetto e da Vedeseta, da Sottochiesa e da Peghera e raggiungono, con l'aiuto di qualche trattore, Olda, tra strepiti, urla di Lè fò Génèr, lè scià fevrèr e allegria. Qui si lanciano le ultime “grida”, si dà fuoco al pupazzo dell'inverno e poi, per tutti, cioccolata, vin brulè e dolci.

Arrigo Arrigoni

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