runas-equivalencia-alfabeto.jpgLe parole dei Celti scolpite sulla pietra al lago del Diavolo. Trovati graffiti con scritte in alfabeto nord-etrusco Scoperta in Alta Val Brembana, sopra il Rifugio Longo

Questa luce che abbaglia e questa corona di montagne, di rocce nere e lucenti che sovrastano questo pascolo a duemila e trecento metri di quota, Pascolo dell'Armentarga, sopra Carona, a un'ora dal rifugio Longo e dal lago del Diavolo. Su tutto questo la piramide nera del . Le pietre studiate dagli archeologi sono sparse qui attorno, fra torbiere e pascolo, in questo angolo del paradiso terrestre dove salgono soltanto le greggi nei giorni più caldi dell'estate. Su queste pietre si trovano scritte, nomi, date, disegni: coprono almeno duemila e cinquecento anni di storia.

Perché? Perché qui? La più antica risale al III secolo avanti Cristo e rappresenta una scoperta di grande portata. Spiega Stefania Casini, direttrice del museo archeologico di che guida la ricerca: «Abbiamo rintracciato finora due scritte estese realizzate con alfabeto nord-etrusco, alfabeto in quel periodo utilizzato dalle popolazioni celtiche in parte dell'Italia Settentrionale. Una scritta è stata tradotta dal professor Filippo Motta dell'Università di Pisa che è venuto quassù per rendersi conto di persona di quanto avevamo trovato». Filippo Motta è docente di Linguistica, il maggiore esperto per quanto riguarda la lingua nord etrusca: «Il ritrovamento dell'Armentarga è molto interessante, certo. Si tratta di una sequenza alfabetica che non pone alcun dubbio nel senso che non si tratta di segni casuali: una lettera può rappresentare un caso, due anche, tre forse.

 Ma quando ci troviamo davanti a quindici, venti segni alfabetici ben precisi non si può parlare di caso o di elementi semplicemente decorativi. Ora bisogna vedere che popolazione si servì di questo alfabeto nord-etrusco, sarebbe come dire: il nostro alfabeto può essere usato per l'italiano, l'inglese, il tedesco… è possibile che sia una lingua del III secolo avanti Cristo, poco prima dell'arrivo dei Romani e potrebbe allora trattarsi di una lingua di Celti Leponzi, popolazione che viveva fra la Val d'Ossola e il Canton Ticino, tribù che erano inserite in quel tipo di cultura dell'età del Ferro detta cultura di Golasecca. Ammettendo che si tratti di Celti Leponzi, allora una possibile traduzione della prima sequenza trovata è “Ateriola figlio di Niaco”. Una firma, come tante altre dal Medioevo in avanti si trovano su questi sassi. Ma gli studi sono soltanto all'inizio. Adesso la prima cosa da fare è effettuare un calco del masso con le scritte più importanti».

Colpisce la somiglianza del nome Ateriola con il cognome Arioli molto diffuso in Alta Brembana. Potrebbe trattarsi della sopravvivenza e trasformazione di un nome tanto antico? Spiega Stefania Casini: «È una possibilità suggestiva e non tanto fantasiosa, i nomi spesso provengono da lontano, indicano origini remote. Come lo stesso nome Armentarga di questi pascoli risale con ogni probabilità al tempo dei Longobardi». Perché tante scritte in questo luogo? Pastori, certo. Viaggiatori. Ma perché qui? Era un luogo di importanza religiosa? Era un luogo di passaggio rispetto a Val Seriana e Valtellina?

I massi con le iscrizioni si trovano in un luogo bellissimo e impervio, oggi territorio di stambecchi e greggi, i più pascoli delle , sotto il passo di Valsecca. Si sale da Carona, si al rifugio Longo a 2.026 metri, poi si raggiunge il lago del Diavolo dominato dal monte Aga. Da lì si sale lungo un sentiero molto scosceso fino al passo della Selletta (2.378 metri) e dal passo si domina questo anfiteatro coronato dalle vette delle Orobie che sfiorano i tremila metri: la piramide del Diavolo, il Grabiasca, il Poris. Roccia nera, antica. Lo sguardo sfiora il laghetto dei Curiosi, quello del Poris, quello della Valle dei Frati. Dal passo si scende verso il pascolo di Armentarga. Ci sono piccole lingue di neve superstiti di un inverno secco. Il primo masso sta sotto la Selletta. Si leggono nomi, firme, date. «Io, Vincenzo Bigoni di Ludrigno, 24 agosto 1742». Il masso è bianco e liscio come una lavagna. Si osservano disegni geometrici, stelle, nodi di Salomone, stelle a cinque punte. Simboli magici in un posto che è magico, dominato dall'azzurro, con le torbiere e i piumini bianchi come fiocchi di neve attorno. È il regno delle rane della montagna. Scritte che percorrono i secoli. Anche recenti: «Francesco Scandella pastore anni 14 1961 Clusone». Tanti pastori della Val Seriana. Sul masso 2 si evidenziano disegni di donne in costume medievale. Si sente soltanto il suono di un rigagnolo che esce dalla torbiera. Sul masso numero sette il disegno di un guerriero medievale. Perché? Perché dei pastori dovevano disegnare un guerriero? Per semplice passatempo? E ci sono croci, tante croci. E lance. E stelle. Si trova: «1530 Bartolomeo a pegori 122». La lettura viene effettuata agevolmente sui graffiti più antichi gettando un'ombra sulla pietra e contemporaneamente illuminando il graffito prescelto mediante uno specchio che convoglia la luce del sole in quel punto esatto: si crea un contrasto che favorisce il discernimento dei tratti. Si fanno numerose ipotesi sull'importanza di questo luogo nel passato, riemergono leggende che parlavano di un paese, qui, all'Armentarga, a duemila metri di quota nel passato remoto quando il clima europeo era ancora più caldo di oggi, forse attorno al Mille o forse prima, proprio al tempo dei Galli e dei Romani… Leggende.

Dice Stefania Casini: «Lo scorso anno abbiamo effettuato una ricognizione superficiale. Quest'anno, ottenuta la concessione del ministero, abbiamo eseguito una vera campagna di ricerca che ha portato anche alla scoperta delle scritte celtiche. Ma il lavoro è all'inizio, dovrà continuare. Fra gli esperti che hanno partecipato e che hanno dato la prima conferma importante relativa al valore dei ritrovamenti è Raffaele De Marinis, docente di preistoria all'università statale di : è rimasto colpito da diversi elementi. La quantità delle scritte, l'ampiezza del periodo, il luogo dove sono state trovate. Credo che le scoperte non siano finite e che potremmo avere nuove sorprese».

Paolo Aresi – Tratto da L'Eco di Bergamo del 28 luglio 2007

Le incisioni rupestri in Val Camisana di Carona
Incontro di popoli, lingue e culture dall'antichità ad oggi