È stato 10 volte campione italiano di corsa in montagna, con un titolo individuale e nove a squadre. Poi un banale incidente d'auto ha fermato improvvisamente la sua corsa. Aveva 35 anni e le gambe spezzate: si è rialzato, ha vinto la sua gara più importante e da 23 anni allena, tra salite e discese di montagna, gli atleti più forti del mondo. Raimondo Balicco, 65 anni, ispettore forestale in pensione, originario di Mezzoldo, Comune di cui è anche sindaco, dal 1985 è commissario tecnico della Nazionale italiana di corsa in montagna (disciplina più «anziana» e diversa dalla skyrace che non è riconosciuta dalla Fidal); in pratica è coach dall'anno in cui si è disputata la prima Coppa del mondo per nazioni. E da allora, come commissario tecnico unico, ha inanellato 22 titoli assoluti a squadre su 23 disponibili, un palmares eccezionale da fare invidia a qualsiasi Nazionale sportiva. Tanto che, da quel 1985, è sempre stato riconfermato nell'incarico e, a oggi, oltre al più medagliato, è anche il Ct più longevo di tutte le squadre nazionali di atletica leggera. Una passione per la montagna e la corsa nata ancora ragazzo, dal suo paese di nascita.

«Quarant'anni fa, per un giovane, non c'erano tanti sport da fare nei nostri paesi – inizia raccontando Balicco, che dal 1974 abita ad Almè con moglie e tre figli –. Si giocava a pallone, si sciava e si correva; e a Mezzoldo, correre significava correre in salita e in discesa. Ricordo che le prime gare furono le staffette organizzate dal parroco don Carlo Visinoni, una sorta di sfida che lanciavamo ai coetanei di Lenna. Come atleta nacqui in quelle occasioni». Balicco, intanto, decide di iscriversi all'istituto professionale forestale di Edolo, in provincia di Brescia.

Nel 1964 lascia Mezzoldo per Rieti, dove frequenta la scuola forestale, quindi esercita la professione a Domodossola, Macugnaga e Santa Maria Maggiore (oggi in provincia di Verbania) e dal 1974 torna a . Poco alla volta salirà tutti i gradi del Corpo forestale, da brigadiere a maresciallo, fino a ispettore superiore. In questi anni esplode anche la sua passione per la corsa in montagna. Nel 1976 conquista il titolo italiano individuale e per nove volte (alcune delle quali con il sanpellegrinese Giovanni Mostacchetti) quello a squadre, sempre per la Forestale. Finché nel 1977 arriva l'incidente che gli cambia la vita. «Stavo tornando a casa e finii con l'auto contro il guardrail, a Villa d'Almè – ricorda –. Avevo le gambe rotte ma ancora la voglia di riprendere a correre. Mi accorsi che non era così facile perché ci vollero 100 giorni per tornare a camminare e un anno per riuscire a correre.

Dovetti dimenticare per sempre le gare, eppure fu quel desiderio di tornare che mi aiutò a risollevarmi». «Così attaccai la scarpe al chiodo – prosegue Balicco – ma non la voglia di fare qualcosa per gli altri. Nel 1978 mi iscrissi al corso per allenatori di atletica a Milano. Allora la corsa in montagna non era riconosciuta né dalla Fidal né a livello internazionale. Il riconoscimento arrivò nel 1985, anno in cui a San Vigilio di Marebbe (Bolzano) si disputò anche la prima Coppa del mondo e io venni nominato commissario tecnico. Fu una soddisfazione immensa. Oggi, posso dire che l'esperienza da Ct è stata straordinaria; un'avventura nella quale, fin dall'inizio, sono stato accompagnato dall'amico Domenico Salvi di San Pellegrino, tecnico collaboratore nello staff».

Balicco, così, inizia a girare il mondo con i suoi corridori, prevalentemente bergamaschi, bellunesi, trentini e piemontesi. I mondiali si disputano in Italia, Austria, Svizzera, Francia, Germania, Inghilterra, Malesia, Alaska, Nuova Zelanda, Turchia, e persino su un vulcano 'isola di Mauritius, nell'oceano Indiano. Intanto diventa anche componente della Iaaf (Federazione internazionale di atletica leggera), della Wmra (Associazione mondiale di corsa in montagna) e responsabile organizzativo della Coppa del mondo. «A volte avrei voluto abbandonare – dice – soprattutto di fronte a certe polemiche o alle difficoltà di mettere d'accordo tutti. Il movimento della corsa in montagna non è grandissimo ma i problemi e gli errori ci sono anche qui». L'Italia a squadre si dimostra imbattibile fino al 2006 quando deve cedere il passo. «Eravamo in Turchia e il percorso era tutto in salita – ricorda –.

Siamo stati sconfitti dagli eritrei, una emergente». E proprio la questione delle salite e delle discese è ciò che preoccupa Balicco. «Per tedeschi, svizzeri e austriaci le gare di corsa in montagna dovrebbero essere solo in salita, dal paese alla montagna – dice il Ct –. Per noi italiani, per francesi e inglesi, invece, la competizione dovrebbe completarsi con la discesa, ovvero col ritorno dalla vetta al paese. Alla fine, nel comitato internazionale, si è trovato un compromesso: un anno la Coppa del mondo avrà solo la salita, l'anno successivo anche la discesa. E così gli Europei. Però noi italiani siamo forti prevalentemente in discesa e lì dobbiamo allenarci se nei prossimi anni non vogliamo ancora rischiare il titolo come abbiamo fatto in Turchia».

Il futuro? «A novembre scadrà il mio sesto mandato da Ct ma la voglia di continuare c'è ancora – dice – con un sogno nel cassetto: portare una Coppa del mondo in Valle Brembana». E il movimento della corsa in montagna? «Giovani che vogliono praticare questo sport sono sempre meno. Tivù, computer e abitudini sedentarie non li abituano certo al sacrificio». Balicco è commissario tecnico ma anche sindaco di Mezzoldo (alta Valle Brembana, 200 anime), incarico che ricopre dal 2002 «per amore del mio paese e per continuare l'opera che fu di mio fratello Marco, primo cittadino per 13 anni», dice.

Ma è più difficile fare il sindaco o il commissario tecnico? «Sono entrambi ruoli difficili – conclude –. Ma, se uno ci crede veramente, alla fine i sacrifici vengono ripagati: servono impegno, capacità, perseveranza, passione e soprattutto pazienza con le ». Una ricetta di vita che finora, per Balicco, ha sempre ben funzionato.

Giovanni Ghisalberti – L'Eco di Bergamo

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