Rimasto paralizzato, con due figli e moglie cassaintegrata. L'aiuto dei cittadini e un fondo di parrocchia e Comune. Cassiglio – Come in una famiglia. Dove magari si litiga ma, nei momenti di bisogno e di sofferenza, si fa di tutto per essere di aiuto a chi è in difficoltà. Perché poi, , mini Comune dell'alta Valle Brembana, con 120 abitanti, è poco più di una famiglia allargata. Dove, allora, se c'è un'emergenza, ci si adopera in ogni modo per far sentire la propria vicinanza. Cosa che, magari, in una città non succederebbe. Giacomo, 39 anni, di Cassiglio, nella sfortuna dice di avere avuto proprio questa grande fortuna. Rimasto sulla sedia a rotelle dopo un intervento chirurgico, con la moglie a casa in cassa integrazione e due figli, di 9 e 11 anni, ha avuto l'aiuto di tutta la comunità per andare avanti.

«Siamo in un paese piccolissimo – dice Giacomo – ma questo è stato di grande aiuto. Qui ci conosciamo e aiutiamo tutti. Forse, se io avessi avuto casa nel condominio di una grande città, questa solidarietà non l'avrei ricevuta. Devo ringraziare tutti, la parrocchia, il Comune, le associazioni e ogni singolo abitante del paese che mi è venuto incontro, con aiuti materiali e il loro affetto. Io e mia moglie siamo rimasti veramente commossi di tanti gesti spontanei o organizzati, senza che avessimo chiesto nulla».

La vita di Giacomo, operaio della Brembo a Mapello e volontario della , è cambiata il 29 dicembre 2008. Gli esami in ospedale diagnosticano una dissecazione aortica, una malattia vascolare relativamente rara con alta percentuale di mortalità per l'eventuale rottura dell'aorta.

«Venni operato a Pavia – dice Giacomo – dove si trova uno dei soli tre centri specializzati in Italia in grado di affrontare un intervento del genere». Almeno 16 ore sotto i ferri, poi 45 giorni di rianimazione. Un altro intervento e il verdetto di una paralisi. «Ma sapevamo che il rischio c'era», dice ancora Giacomo. Segue il lungo periodo ancora in ospedale, circa tre mesi e mezzo, poi la riabilitazione nell'ex Casa degli Angeli di Mozzo e, finalmente, il 20 novembre scorso, il rientro definitivo a casa. Dopo quasi un anno di calvario. Ora Giacomo continua la riabilitazione alla clinica di San , «ma il mio futuro è incerto, compresa la possibilità di tornare al lavoro. Ora, dopo un anno, voglio stare con la mia famiglia».

E anche la grande famiglia di Cassiglio inizia a stringersi attorno a Giacomo (che da poche settimane ha iniziato a ricevere la pensione di invalidità, mentre la moglie, operaia part-time alla di , sarà in cassa integrazione ancora per due anni).

«Con i miei concittadini e i miei colleghi di lavoro sono in debito – dice Giacomo – perché si sono fatti veramente in quattro: sono stati vicini a mia moglie, l'hanno aiutata quando, in casa, c'erano da fare i lavori per l'ascensore che doveva consentirmi di sposarmi in carrozzella, e poi vicini ai miei figli». La parrocchia, col Comune e le associazioni, hanno aperto un fondo di solidarietà alle Poste e aiuti sono arrivati anche da altri paesi vicini, Piazzolo, Olmo al Brembo, , per fare alcuni nomi. «È il segno che la comunità è unita – dice il parroco don Pierantonio Spini – e quando c'è bisogno è pronta a rispondere». Come è successo per la famiglia di Giacomo.

Giovanni Ghisalberti – L'Eco di Bergamo

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