Radici che non si strappano». Parla delle sue, Guglielmo Locatelli, che a Reggetto, frazione di Vedeseta, poche case in mezzo a prati e boschi, ci ha trascorso una vita e che non ha mai pensato di andarsene, anche ora che la gente è poca. Il suo lavoro e quello della sua famiglia è lì. È casaro da sempre e per il suo ruolo nella difesa della tradizione sabato ha ricevuto al Salone del gusto di Torino, insieme ad Abramo Milesi di , un «attestato di benemerenza» da Slow Food come «custodi di Terra Madre». Il mestiere di casaro Locatelli l'ha imparato in famiglia, soprattutto dal papà e dal fratello più grande. Una famiglia unita che ha vissuto la solidarietà nelle fatiche e nel lavoro. Ora, a 79 anni, non sa ancora cosa sia il riposo.

Non ci è abituato.
Ha imparato fin da a lavorare, come «bergamì» nell'alpeggio della Sèla, poi in Campèi e ad Artavaggio. A scuola ci è andato fino alla quarta elementare, poi serviva aiuto in casa e in alpeggio, dove il lavoro finisce tardi e la sera è subito notte.

Nel 1959 ha sposato la sua Lidia, anche lei con origini contadine. A trovare la sua morosa ci andava con il mulo, finché non si sono sposati e lei è andata a vivere a Reggetto. Il mattino dopo il matrimonio, nessuna partenza per il viaggio di nozze, ma svegli all'alba per il lavoro nella stalla e per la fienagione.

Il lavoro, una scelta di vita
«Il lavoro non mi è mai pesato – dice – perché è stata una scelta di vita». Nella casèra nascono le forme di stracchino e di Strachitunt, il prodotto per eccellenza della Taleggio. Per Guglielmo e la sua famiglia non è una novità come lo è da qualche anno per il mercato. Sulla loro tavola non è mai mancato. Lo hanno fatto da sempre e ancora oggi la procedura è sempre la stessa, due cagliate, quella della sera e quella della mattina unite e lavorate insieme. «Si fa da sempre così, non è cambiato nulla ma direi che è anche più buono di un tempo». Per conservare la qualità l'azienda di Guglielmo, nella quale lavorano anche i figli, ha sempre curato l'alimentazione del bestiame. «Li nutriamo con il nostro fieno e sui mangimi cerchiamo quelli più naturali che danno genuinità e gusto al latte. Ora, rispetto a prima, c'è un'alimentazione più equilibrata. In passato, se il pascolo era magro, anche il latte non rendeva al ».

Sua eccellenza lo Strachitunt
Lo Strachitunt è un fiore all'occhiello della tradizione casearia della zona. È uscito dall'azienda Locatelli anni fa per approdare sul banco di un noto negozio della città quello di Giulio Signorelli, «Ol Formagèr». Il prodotto è piaciuto ai clienti e la produzione è aumentata. Il nome del formaggio ha cominciato a girare e ha superato i confini della provincia. Su a Reggetto arrivano gli esperti, la stampa e anche la televisione. Ma Guglielmo non si scompone e riceve giornalisti e operatori senza perdere troppo tempo, continuando a lavorare. Una fama di cui non fa vanto per sé, ma che regala con orgoglio ai suoi prodotti che acquisiscono valore aggiunto dalla notorietà. «È un modo per valorizzare la qualità, la tradizione – spiega -. La mia famiglia ha fatto scelte di sacrificio e abbiamo sempre fatto quello che sappiamo fare. Sappiamo lavorare il nostro latte e vogliamo continuare a farlo».

Tradizione esportata in Russia
Anni fa la sua arte l'ha esportata anche direttamente, recandosi, su invito di un nipote, in Russia, in un monastero, dove ha insegnato come si producono gli stracchini. A Torino, dove è stato premiato, ci è tornato dopo sessant'anni. Ci era passato da militare. Ma sta bene e volentieri a casa sua. «C'è da star qui a lavorare. Non c'è mica tanto da andare in giro».

Monica Gherardi – L'Eco di Bergamo

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