Caprile Alto, Santa BrigidaSi parte in un assolato pomeriggio d'agosto da Santa Brigida, è fresco perché ha piovuto la notte prima…temperatura ideale per esplorare i monti.

Vado a Caprile Alto in macchina col proposito poi di cercare per le pinete della Val Mora una baita descrittami dal nonno sperduta tra le rupi del tempo. La contrada è bellissima con tutto il brulichio di villeggianti sparsi per le antichissime viuzze, sembra davvero di essere tornati indietro negli anni se non fosse per il trillio dei cellulari dei numerosi pargoli che scorrazzano irrequieti tra vecchie pietre e la piccola chiesa di San Rocco, ferma da secoli a vigilare austera su questo mondo in evoluzione.

Mi addentro nel bosco per un itinerario che non dirò, in quanto poco segnalato ed indicato solo dall'acutissima memoria dei nostri vecchi, i quali sono davvero un incredibile catasto vivente: sanno per fino e per segno ogni cosa di qualunque costruzione o del proprio paese.

Salgo per un erta ripa, un cartello mi indica che la baita che sto cercando è a un tiro di schioppo ma io non vedo assolutamente nulla, il vecchio pascolo infatti è stato inghiottito dalla pineta e la natura pian piano si sta riprendendo tutto.

In realtà il bosco è selvaggio solo ad una vista apparente: infatti ha una storia antichissima, generazioni di antenati l'hanno battuto palmo a palmo in cerca di legna, frutta, arbusti e selvaggina…. cosa rimane di quel tempo? Tante piccole tracce, come alberi intagliati con croci o segnali di proprietà, o come le pietre impilate di una baita in rovina.

Ormai ho capito che la baita che andavo cercando è un obiettivo superato, sono molto più in alto e ormai vedo sopra di me le guglie del Monte Mincucco, che comunque decido di non raggiungere dando più fiducia ad una traccia di sentiero molto bella che si dirige in direzione opposta e contrassegnata da una enigmatica linea blu orizzontale, non capisco ancora se indichi proprietà o quant'altro, fatto sta che segue il sentiero e mi fa compagnia nella maestosa solitudine dei pendi scoscesi della Val Mora. Ad un tratto sento un suono continuo e sempre uguale, non so decidermi se sia più vicino al verso di un camoscio o di un volatile e per un buon quarto d'ora lo seguo fidandomi del mio udito finché sorpresa! Scovo un elegante rapace nella boscaglia che appena mi vede si alza in volo con impressionante agilità…credo sia uno sparviero e scopro di averne scovato il nido. E' una grande emozione ma decido di non disturbare e proseguo per la traccia di sentiero che ho prescelto, la quale continua sempre pianeggiante a mezza costa, cambio di versante e mi rendo conto di essere in Val di Vai, una laterale della Val Mora che scende dal Monte Avaro dal nome molto fluido e adatto alle poesie, per chi le sa fare.

Ora l'esplorazione in pineta mi pesa un po', vorrei tornare su segnati, so che nel vallone che sto attraversando c'è una piccola baita molto caratteristica ben servita da una ripida mulattiera che parte appena prima di Caprile e spero di essere sulla strada giusta…. quando ormai ne ho perso le speranze e dando già per scontato che finirò a Cusio eccola che appare! La Baita del Vai! E' un posto bellissimo: la casetta è minuscola e sistemata pochi anni fa dal comune di Santa Brigida per farne un d'emergenza essenzialmente per i cercatori di .

Entro subito: sulla destra mi accoglie un bel camino mentre al centro c'è un grazioso tavolo ricavato dagli abeti così come le due panche. Quando poi alzo lo sguardo alle travi del tetto scopro un mondo nuovo: decine di escursionisti e cercatori di funghi hanno inciso nelle travi il ricordo del loro passaggio; si legge di tutto: dai semplici nomi con data a messaggi più spassosi come “Oggi 0.1 kili di funghi ma 2 kili di salame”, come a dire che si sono divertiti lo stesso, oppure commovente il disegno di una bambina con una figura femminile a metà tra una madonna e il ritratto delle nostre laboriose nonne montane.

In tutta la felicità di essere arrivato a “tetto” prima che le minacciose nubi che improvvisamente mi hanno raggiunto scarichino il classico temporale non ho osservato bene il paesaggio dall'ingresso della baita: una piccola radura d'erba la quale subito finisce contro l'abetaia possente che impedisce lo sguardo verso il basso e concede solo la vista delle vette più alte lì davanti…la associo alla siepe di Leopardi:

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quiete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s'annega il pensier mio:

e il naufragar m'è dolce in questo mare.

C'è da aggiungere altro? Un piccolo camoscio sguscia via tra i rami bassi dei giovani pini lì vicino che hanno appena preso il posto del vecchio pascolo…è l'Eden? Forse no, sono solo le nostre splendide .

Andrea Carminati