Sedrina – Fame, pericoli e soffrenze: i racconti degli ex deportati di durante la guerra. “Ho compiuto 19 anni mentre ero in prigionia e oggi sono ancora qui a raccontarvi quei tragici momenti perché fortunatamente sono stato rimpatriato dalla Germania e sono riuscito a tornare a casa vivo». È la testimonianza di Giuseppe Genuessi, sedrinese di 85 anni, che ha ricevuto insieme ad altri tre deportati, Raffaele Carminati, Alessandro Pesenti e Francesco Tironi, una medaglia d'onore della Presidenza del Consiglio dei ministri ai deportati nei campi di lavoro tedeschi durante la seconda guerra mondiale.

Ad ascoltare le testimonianze dei quattro sedrinesi superstiti e dei familiari di altri tre deportati deceduti, ovvero Giovanni , Enrico e Giovanni Rota, c'era anche una cinquantina di ragazzi delle classi terze della scuola secondaria di primo grado che hanno ascoltato con attenzione i racconti di un passato per loro lontano. Testimonianze di torture e umiliazioni, di fame e patimenti, ma anche le testimonianze dei familiari. «Avevo otto anni ed ero in cucina con mio fratello – ha raccontato Arturo Bonzi, figlio di Giovanni, premiato alla memoria –. All'improvviso è entrato in cucina un uomo dall'aspetto così terrificante che siamo scappati dalla finestra per cercare nostra madre e chiedere aiuto. Pensavamo fosse un ladro, invece era nostro padre che tornava dalla prigionia a Danzica, ma non siamo stati in grado di riconoscerlo».

Raffaele Carminati, classe 1924, è stato internato nei lager tedeschi. «Ero a Berlino nel 1943 – ha detto Carminati –. Ricordo ancora come fosse ieri il suono di una campana e tutta la gente che si buttava a terra. Era un bombardamento. Mi davano da mangiare una fetta di pane al giorno con 50 grammi di margarina». E a Norimberga dove era stato deportato Giuseppe Genuessi, classe 1925, la situazione era la stessa. «La città era stata completamente distrutta dai bombardamenti americani – ricorda Giuseppe con commozione –. Ero costretto a lavorare 12 ore al giorno, recuperando macerie e morte lungo le strade. Mangiavo solo pane e crauti. Ma nel 1945 mi rimpatriarono: raggiunsi Bolzano e tornai a casa».

Sveglia alle tre del mattino e lavori forzati anche nella testimonianza di Alessandro Pesenti, classe 1923. «Dopo essere svenuto più volte – ha raccontato – un medico mi dispensò dai lavori pesanti per problemi di salute, ma per lunghi mesi ho trascorso momenti difficili. Alla fine mi misero su un treno e riuscii a ritornare a ». Francesco Tironi, pure premiato con la medaglia d'onore, è stato invece internato nel campo di Kaisersteinbruck, vicino a Vienna. «Ho compiuto 19 anni nel campo di concentramento in attesa di essere destinato a quello di lavoro – ha detto Tironi –. Sono stato liberato dai russi nell'aprile del '45. Sono rientrato in Italia dopo più di quattro mesi di peregrinazioni in Ungheria, Ucraina e Russia. Il 28 agosto sono ritornato a Sedrina col trenino della ». «Abbiamo l'obbligo – ha detto il vicesindaco Orfeo Damiani – di far conoscere alle giovani generazioni cosa è successo. Per ricordare e far riflettere sugli orrori del passato, ma soprattutto per far sì che i più giovani diventino nuovi messaggeri di pace».

Gabriella Pellegrini