L'acqua è il motore del Mondo, il principio della vita, non solo perché fornisce movimento ed energia, non solo perché ricopre il 70% del pianeta ma anche perché è elemento costituente e fondamentale di ogni essere vivente. Il primo documento internazionale che sottolinea tale importanza è la CARTA DELL'ACQUA, redatta dal Comitato Europeo a Strasburgo nel 1968. Successive decisioni europee recepite anche dallo Stato Italiano hanno comportato l'adeguamento delle normative regionali e indicato nel Piano di Gestione del Bacino Idrografico lo strumento regionale per la pianificazione della tutela e l'uso delle acque. La principale di vita dell'umanità e dell'intero pianeta si sta trasformando in una risorsa strategica vitale.

Il valore crescente dell'acqua, le preoccupazioni concernenti la qualità e la quantità del suo approvvigionamento, oltre che le possibilità di accesso, accordate o rifiutate, stanno avvicinando l'acqua al petrolio e a certe ricchezze minerali in quanto risorsa strategica. Nell'ambito della nostra Provincia, a partire dagli inizi del secolo scorso, la “Risorsa acqua” è stata prevalentemente vista e utilizzata quale bene e fonte per la roduzione di Energia motrice prima ed Energia elettrica poi. Tutti i corsi d'acqua sono stati captati con imponenti opere idrauliche che hanno modificato l'ambiente. Tali opere hanno contribuito a mettere a disposizione dell'Italia una importante risorsa energetica resa ancor più preziosa dalla modesta rilevanza delle altre risorse energetiche disponibili sul nostro territorio. In Valle la costruzione di tali opere e il successivo esercizio degli impianti ha contribuito per un certo periodo a ridurre il problema della disoccupazione, in modo particolare nei periodi successivi alle guerre mondiali, contribuendo non poco allo sviluppo economico di tutta la zona.

È opportuno premettere che l'opportunità dell'energia elettrica è giunta in Valle Brembana quando già la Valle era incamminata verso uno sviluppo industriale grazie al notevole fermento creatosi dopo l'unità d'Italia, in modo particolare dal 1870. Dopo anni di guerre e incertezze vi era in tanti il desiderio di affermare un nuovo spirito, un sentimento di popolo unito e indipendente. Questo nuovo spirito fu assecondato da un piano di grandi opere e investimenti, da scoperte, invenzioni e grandiosi progetti di sviluppo ferroviario, di nuovi ponti e viadotti, di migliori porti di navi in ferro, dalla diffusione dei motori a vapore, di grandi canali di irrigazione,  di imponenti lavori di abbellimento nelle città. Un grandioso programma quindi di generale rinnovamento per migliori condizioni di vita e di generale diffusione della nuova cultura italiana. Con sagacità e lungimiranza il governo sorto dal regno unito, fondato con una spiccata impronta piemontese, favorì l'arrivo di capitali stranieri. Così tra il 1870 e 1890 in Lombardia e in modo particolare nel Bergamasco si assistette al nascere di vari stabilimenti tessili per filare e lavorare sia il lino che il cotone. I proprietari erano di origine svizzero-tedesca.

A Torre Boldone lo stabilimento Zuppingher, a Ranica lo Zopfi, a Scanzo il cotonificio Guttingher, a Ponte S. Pietro lo stabilimento Legler-Hefti, a Nembro il Blumer, ad Albino il cotonificio Honegger. Sulla base di queste esperienze straniere a Fara d'Adda nel 1873 si costituì il Linificio e Canapificio, a Canonica d'Adda nel 1878 il cotonificio Crespi, altri impianti a Casnigo e a Ponte Nossa. Nello stesso periodo a Seriate sorse un imponente birrificio grazie al tedesco Heinrich von Wunster e sui monti a cavallo fra la Valle Seriana e Brembana operava nel campo della estrazione di minerali la belga Vielle . Interessante è stata l'evoluzione intervenuta presso l'attuale Linificio di Villa d'Almè.
Due intraprendenti imprenditori brianzoli che a Carate Brianza gestivano una filatura, nel 1839 acquistarono i diritti di sfruttamento delle acque dell'antica roggia Scotti a Villa d'Almè, canale che sin dal 1700 alimentava in quei luoghi una conceria, e vi instaurarono un linificio. Questo nuovo filatoio del lino ebbe il pregio di essere mosso in gran parte meccanicamente a mezzo di cinghie e di ruote idrauliche azionate dall'acqua della roggia.

Una trasformazione epocale per quel tempo. Nel 1840 la filatura contava 250 dipendenti. Nel 1850, grazie a continui ed ulteriori miglioramenti sia sul canale di adduzione, sia per le trasmissioni meccaniche come per l'introduzione anche del vapore, nonchè dei famosi telai Jacquard, fu possibile dar corso anche alla Tessitura oltre che alla produzione di filato di lino e di canapa. Dal 1877, sotto l'impulso di 2 nuovi soci proprietari, Dominioni e Ceriani, si ha l'introduzione di turbine idrauliche che consentono di sfruttare la grande pressione dell'acqua trasformando quasi al 90% la forza dell'acqua in energia meccanica. Una innovazione che consente al linificio di divenire 3 volte più efficiente e produttivo e di impiegare circa 1.000 dipendenti. L'intraprendenza di questi due nuovi soci consente agli stessi di introdurre nel 1894 nello stabilimento la nuova tecnologia dell'elettricità.

Energia elettrica derivata dalla propria centrale costruita in località Fonderia, poco più a monte dello stabilimento, derivando l'acqua del di fronte a Clanezzo. Era la seconda centrale idroelettrica privata non solo del Bergamasco ma dell'Italia intera. La prima centrale privata costruita in Italia era stata infatti realizzata a Comenduno di Albino sul fiume Serio nel 1893 dal cotonificio Honegger. Dal 1896 il Linificio e Canapificio di Villa d'Almè passa di proprietà: Egildo Carugati, industriale capace e all'avanguardia per alcune iniziative sociali. Lo stesso sarà deputato parlamentare a Roma per il collegio di Zogno dal 1909 al 1913. Memorabile per la valle Brembana è la campagna elettorale tra Carugati e Belotti.

In questo fervente periodo di iniziative industriali, tra il 1891 e il 1898, tre società straniere quali Guttingher, Legler e Schuckert avviano la realizzazione di tre centrali idroelettriche. Più precisamente a Scanzo sul fiume Serio la Guttingher, a Paladina sul fiume Brembo la Legler ed a Clanezzo la Schuckert sempre sul Brembo. Originale per e di notevole interesse è l'iniziativa promossa sulla centrale di Clanezzo. L'impianto, che ha tutt'ora la propria derivazione in Zogno, in prossimità delle , dopo un canale di circa 4 Km e la sottostante centrale, si completava con la realizzazione di un invaso artificiale di 10.000 metri cubi sul contrafforte a metà costa del monte Ubione e posto 400 metri più in alto della Centrale. In tale modo, durante la notte o nei periodi di minore consumo si poteva pompare l'acqua raccolta in un bacino accanto alla centrale fin lassù con l'energia in esubero. Dall'invaso, per caduta, poteva quindi essere di nuovo sfruttata il giorno dopo o nei periodi magra.

Un primo esempio di energia rinnovabile. Un simile impianto è stato realizzato solo circa 100 anni dopo dall'Enel a Edolo, nella speranza che arrivasse l'energia italiana delle Centrali atomiche, ma, visto poi che non sono state realizzate, la convenienza è venuta meno. Grazie alla corrente prodotta dalla centrale di Clanezzo è stato possibile realizzare tra il 1905 e il 1906 la Cementeria Radici-Previtali di Villa d'Almè, struttura poi abbandonata ma che ancora oggi è visibile in zona. Mentre si sviluppava e si affermava il complesso del Linificio e Canapificio Carugati a Villa d'Almè, poco più a valle, in prossimità del Ponte di Briolo, si era concretizzato il cotonificio Legler. La società della famiglia Legler nel 1890 decise di ricorrere all'energia elettrica sfruttamdo le rogge esistenti, così, con un altro specifico canale e il potenziamento dello sbarramrento di Ventulosa, fu possibile per la società realizzare due nuove centrali idroelettriche interessanti: una alle Ghiaie di Paladina e l'altra a Scano di Valbrembo. 

Le disponibilità e l'intraprendenza dei nuovi industriali che si erano installati sul territorio bergamasco trovarono una fonte di grande impegno ed di generale espansione con l'entrata in funzione del motore elettrico a corrente alternata. Così, grazie anche alla scoperta dei due svizzeri Brown e Boveri, si rese possibile il trasferimento dell'energia dai luoghi di produzione ai luoghi di utilizzo. Da questa grande possibilità di realizzare le fabbriche in luoghi più consoni, facilmente accessibili e vicino alle città, nascono i primi problemi, le prime istanze della e dei suoi abitanti. Qual è il ritorno al territorio per il bene acqua così captata? Come è possibile avere un ristoro per le modifiche operate? Per l'energia prodotta ed i notevoli benefici che ne derivano e che purtroppo sono sempre più impiegati in aree più favorevoli e prossime alle grandi città?

Agli inizi del 1880 un intraprendente ingegnere milanese, tale Giuseppe Colombo, si era recato in America per incontrare personalmente Thomas Edison, inventore pochi anni prima della lampadina elettrica. Il suo scopo era di acquistare sia i macchinari che i diritti di costruire una centrale elettrica a Milano del tutto simile a quella che Edison aveva appena fatto costruire primo nella storia, nel quartiere finanziario di New York a Wall Street. Ritornato in Italia fu promotore della costruzione della prima centrale elettrica dell'Europa continentale: si trattava di una centrale termoelettrica.

Il primo esperimento di illuminazione elettrica in Italia si effettuò nel ridotto del teatro alla Scala di Milano l'11 febbraio 1882, alla presenza di Thomas Edison, con l'accensione di 92 piccole lampade da 8 e 16 candele alimentate da una dinamo azionata da un gruppo locomobile a vapore. Nell'estate 1883 l'ing. Colombo riuscì ad accendere in modo stabile e continuato oltre 5000 lampadine illuminando a giorno l'antico teatro Manzoni, la Scala e la Galleria Vittorio Emanuele. Il successo fu notevole.

Lo stesso convinse tanti amici industriali a fondare la Società Generale Italiana Edison di Elettricità. Tra i soci figuravano Pirelli, Erba, e Forlanini. Il Colombo, per i suoi meriti e capacità fu più volte nominato ministro in vari governi. Come ex insegnante del futuro Politecnico contribuì notevolmente a promuovere diverse iniziative ed a convincere il mondo industriale ad impegnarsi nel settore. Grazie a questi presupposti vari industriali bergamaschi tra il 1890 e il 1910 furono tra i primi non solo nel Bergamasco e in Italia, ma addirittura in Europa, a costruire centrali elettriche. Non è quindi un caso che nel 1903 a Bergamo sia sorta la Società Magrini, nel 1905 la società A. Fantini divenuta poi SACE, la Fonderia Rumi e la FERVET nel 1907. Nel 1906 a Dalmine la filiale della tedesca Mannessman di Dusserdolf, l'attuale Dalmine ricorda speciali forni elettrici già nel 1911, grazie alla abbondanza dell'energia elettrica prodotta a basso costo in tutte le valli Bergamasche, cominciò a produrre acciaio di alta qualità. La Valle Brembana, come si constaterà, non rimase estranea nè esclusa da questo fermento di iniziative e dal conseguente progresso industriale. Una particolare menzione e attenzione merita la figura dell'Ing. Ettore Conti di Verampio, amministratore delegato della Società Anonima per Imprese elettriche Conti e C. con sede in Milano. Nel 1896 questo intraprendente ingegnere rileva con la sua Società i beni della società Italiana Cementi e Calci idrauliche di Scanzo con i diritti annessi di sfruttamento delle acqua sulla sinistra orografica del Brembo. Allo stesso però non interessavano gli impianti industriali ma i diritti di sfruttamento delle acque del Brembo.

Quale rappresentante legale di altra Società, chiese di poter derivare acqua dalla Valle Serina dove già esisteva la roggia Acquada. Nel contempo aveva fatto domanda di derivare acqua dal Brembo tra S. Pellegrino e Zogno. Conti era stato infatti uno dei più brillanti collaboratori del già nominato Ing. Giuseppe Colombo di Milano ed era stato anche dipendente della Società Edison da poco costituita. Viste le difficoltà di operare in Valle Seriana si dedicò con destrezza e tenacia ad operare in Valle Brembana. Intuì che la zona migliore per costruire una centrale era la zona mediana della Valle. Si sbarazzò con destrezza della concorrenza, in modo particolare della ditta Fraterna Paganoni di Fondra e della resistenza di un fratello di questi, l'avv.to Giacomo Paganoni. Riuscì a forte concorrenza ed a superare grosse difficoltà tecniche. Nel 1903 lo sbarramento di S. Pellegrino, il canale e la Centrale di Zogno erano completati. Era però ancora pendente la vertenza con la Fraterna Paganoni, ma da uomo concreto si adoperò ed ottenne che, prima dell'avvio della Centrale, la vertenza fosse risolta con una onorevole transazione.

La Società elettrica poteva così, già nell'anno 1903, avviare la produzione nelle centrale di Zogno. Terminato il lavoro a Zogno, prima di rivolgere il suo interesse a zone del Piemonte, esattamente in d'Ossola, l'Ing. Conti concesse alla Società Orobia di realizzare un'altra centrale in S. Pellegrino Terme con derivazione in S. Giovanni Bianco. Si deve ricordare che dal 1890, dopo la realizzazione delle centrali citate, si era estinta la possibilità di fluttuazione del legname lungo il Brembo. Vale la pena di ricordare che nel 1918 lo stesso Ing. Conti divenne presidente della stessa Società Orobia, che prima aveva combattuto in valle. Nel 1926 cedette le sue aziende all'EDISON, divenendo nel contempo Presidente dell'Agip, Consigliere e Presidente della Società RIVA che costruì quasi tutte le turbine d'Italia. Dal 1930 al 1945 fu Presidente della Banca Commerciale Italiana, senatore sia sotto il governo fascista che nella Repubblica Italiana per i suoi meriti Industriali. Morì nel 1972 a 101 anni.

Vale la pena ricordare che da alcune sue decisioni è conseguente la nascita a Dalmine della filiale Mannessman di Dusseldorf. La Società tedesca inizialmente intendeva costruire il suo stabilimento italiano a Vergiate in Provincia di Varese, dove erano presenti le varie reti di distribuzione di energia elettrica delle Società Elettriche Conti. A seguito del rifiuto di Conti di fornire energia, la Mannessman cercò altra sede, per appunto Dalmine, dove fu possibile reperire un terreno adatto ed una fornitura elettrica a più basso costo dalla bergamasca Zanchi e C. Nel 1903 inizia ad operare l'industriale Giambattista , industriale di Lecco con due cartiere e una fabbrica di barite in loco. Costruisce una cartiera in S. Giovanni Bianco con la contemporanea derivazione di acqua per esigenze industriali e di produzione di energia elettrica a circa 500 metri più a monte dello stabilimento. Successivamente nel 1937, per le aumentate esigenze di energia, realizza una centrale privata a Lenna, centrale di tutto rispetto considerati i tempi e la tecnologia applicata. Tra il 1905 e il 1915 è il momento delle Centrali Idroelettriche in Alta Valle Brembana. Per questa importante iniziativa fu costituita la Società delle forze Idrauliche dell'Alto Brembo. I lavori iniziano nel 1915 con la piccola centrale di Pagliari, per proprie esigenze tecniche. Di seguito nacque l'impianto di Sardegnana, Carona e Bordogna. Un'opera complessa e di notevole importanza. Il tutto terminato intorno al 1927. Questo articolato sistema consentirà di inviare una cospicua quantità di energia nell'hinterland milanese, in centri industriali e in espansione come Saronno, Legnano e altri.

Tra il 1922 e il 1924 si costruisce la centrale di Camerata Cornello. Dopo la 2° Guerra Mondiale è la volta delle tre centrali del Gruppo Italcementi site a Cugno, al Bivio di Piazzolo e a Ponte dell'Acqua. Il loro bacino principale è alimentato come noto dalla diga di Alta Mora in Val Mora. Alla Valle Brembana, dopo i benefici della occupazione operaia e la realizzazione di qualche infrastruttura minore, alla sua economia e al suo territorio non rimase molto altro. Sorse così ben presto l'esigenza di un minimo ritorno economico per i suoi abitanti e il suo territorio, visto il notevole vantaggio economico che le aziende elettriche andavano ricavando dalla elettricità prodotta nelle nostre Valli.

La complessa materia dello sfruttamento delle acque era stata regolata dallo Stato con il T.U. sulle acque del 1933. Attualmente la materia è di competenza Regionale e Provinciale. Il testo unico prevedeva che ai Comuni Rivieraschi e per uso esclusivo dei servizi pubblici, nel tratto compreso tra il punto ove ha termine il rigurgito a monte della presa ed il punto di restituzione, può essere riservata una certa quantità di energia. Questa possibilità si è rilevata puramente teorica. Dopo 20 anni – 1953 – nessun comune della Valle aveva avuto la possibilità di beneficiarne. In tutta la Provincia di Bergamo, il solo comune di Ardesio era riuscito a concretizzare tale diritto ottenendo dalla ditta concessionaria, la De Angeli Frua, un quantitativo di corrente per pubblica illuminazione. Solo dopo il 1953, grazie all'impegno di un gruppo di Parlamentari della Montagna, tra cui il bergamasco On. Tarcisio Pacati, si ottenne finalmente un diritto concreto – il famoso sovracanone – così chiamato perché su tali concessioni le ditte già pagano un canone allo Stato.

All'inizio del 1956 si costituì il CONSORZIO DEL BACINO IMBRIFERO MONTANO DEL LAGO DI COMO E FIUMI BREMBO E SERIO – Consorzio obbligatorio – in cui tutti i Comuni della Valle sono compresi. Alla Valle Brembana è riservata, per le intese convenute e sempre da tutti rispettate, il 37% dei proventi spettanti. Esattamente il 24% ai Comuni dell'Alta Valle Brembana, il 13% ai Comuni della Media Valle. Uguale misura alla Valle Seriana che ha impianti di pari potenza. Il provento complessivo annuale è di circa 2,5 milioni di Euro. Per il 2011 è previsto un aumento. Prima di chiudere vorrei citare alcuni dati, pressoché reali, sulla produzione delle principali centrali installate e funzionanti:

kW annui
Il complesso Alto Brembo Sardegnana, Carona, Bordogna 250.000.000
Il complesso Italcementi Cugno, Piazzolo, Ponte dell'Acqua 50.000.000
La Centrale di Camerata Cornello 25.000.000
La Centrale di Lenna ex Cima 22.000.000
Le centrali della Valle Taleggio (n. 2) 6.000.000
Ancora due note importanti:

1) Le Centrali con presa al di sotto dei 500 metri di altitudine non pagano sovracanone, quindi dall'area industriale di Lenna sino alla foce del Brembo nessun introito per il Consorzio BIM.

2) Il sovracanone non è legato alla produzione bensì alla potenza nominale dell'impianto stabilita e determinata al momento della concessione.

Bracca, 29 Dicembre 2010
Relazione tenuta dal Rag. Giuseppe Gentili, Direttore del Consorzio BIM Bergamo in occasione del Convegno promosso dal CAI Alta Val Brembana in Piazza Brembana il 29 Dicembre 2010 – Tratto dall'Annuario C.A.I. Alta Valle Brembana.

CONCORSO FOTOGRAFICO: ENERGIE: ACQUA, SOLE, VENTO, FUOCO